Pietro Turano: «La politica non ci ascolta, ma la cultura può ancora renderci liberi»
Cosa significa in Italia oggi essere una persona queer? Per molti e molte significa soprattutto una cosa: resistere. Non solo nelle piazze o nelle leggi che mancano, ma nei luoghi della cultura, dello sguardo, dell’arte, dell’immaginario. Pietro Turano, attore e attivista lgbtqia+, vicepresidente di Arcigay Roma e consigliere nazionale Arcigay, ha fatto della cultura un campo di battaglia e di rinascita. Ha fondato Fr+cinema, una rassegna di cinema queer nata al Troisi di Roma, con cui porta avanti un’idea di militanza che passa per la consapevolezza, la rappresentazione e la libertà di raccontarsi.
Come ha fatto anche nello spettacolo Several Love’s Requests che ha scritto e con cui di recente debuttato al Romaeuropa Festival. Un’indagine performativa sui desideri erotici e romantici maschili, nata dall’attraversamento delle videochat online. Uno sguardo che attraversa le relazioni, il consenso, la maschilità.
Cosa significa oggi occuparsi di diritti lgbtqia+ in Italia?
«Credo che occuparsi di diritti lgbtqia+ oggi in Italia significhi innanzitutto quello che ha sempre significato: resistenza. All’interno di un mondo dove la narrazione dominante del discorso pubblico, della società, della politica, continua a non essere rappresentativa di tutte le sfumature che ci caratterizzano, occuparsi di diritti significa rimettere al centro le esistenze. E quindi i bisogni, le paure, i limiti, le identità, le necessità, di tutte le persone. Con la differenza oggi che, rispetto al passato in cui l’omofobia, la transfobia erano questioni più comuni ma erano anche più scontate, quindi più ideologiche e manifeste, siccome se ne parla un po’ di più, socialmente riconosciamo che non è buono essere omofobici o transfobici».
E questo sembra positivo.
«La differenza è che molte persone leggono con superficialità lo stato attuale dei diritti e quindi, anche se il mondo non è cambiato e la vita delle persone lgbtqia+ non è particolarmente cambiata nella società, a tutti i livelli, le persone credono che invece sia tutto diverso. Nonostante l’Italia sia uno degli ultimi Paesi in Europa per tutela dei diritti delle persone queer, le persone pensano che invece non lo sia. Quindi, siamo invisibili due volte».
Ha parlato spesso del ruolo della cultura. Cosa significa fare attivismo anche attraverso festival ed eventi culturali?
«Farlo organizzando festival ed eventi culturali significa comprendere che quella resistenza deve essere prima di tutto culturale. In un Paese dove la politica non legge per scelta e non risponde a quelle esigenze di rappresentanza, di tutela, la cultura è lo strumento più importante per rendere le persone consapevoli di se stesse, della comunità intorno a sé, della collettività, dello spazio. È lo strumento più importante per sviluppare consapevolezza e quindi libertà. E soprattutto se non si riesce ad agire fortemente sul piano politico, è importantissimo agire sul piano culturale. Questo infatti le destre di oggi l’hanno capito bene e non è un caso se un grandissimo lavoro di repressione, di tagli, di propaganda, avviene proprio nel mondo della cultura».
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