Pietro, papà in congedo: «Ho trascorso 40 giorni meravigliosi accanto a mio figlio neonato. Gli amici mi dicevano: “Sicuro che al lavoro non si scordano di te?”»
«Vivere i primi quaranta giorni di vita di mio figlio accanto a lui e mia moglie è stata un’esperienza unica, intensissima, che mi ha consentito di crescere profondamente anche in un’altra dimensione: quella di genitore». La storia di Pietro Giò, 34 anni, brand manager, ci porta un passo avanti. Verso quel tanto desiderato cambiamento culturale che sa valorizzare allo stesso modo la paternità e la maternità. Verso quell’apertura a una politica del lavoro che riesce a mettere in atto misure di sostegno concrete per chi ha una famiglia o decide di formarla, e che introduce cambiamenti significativi che mettono al centro le persone, creando le condizioni per migliorarne il benessere.
«Ho avuto una possibilità che è servita anche per alimentare il rapporto strettissimo con la mia compagna. Perché la nuova dimensione di genitorialità è duplice: del papà e della mamma insieme. E il fatto di poterci essere in ogni momento ha fatto sì che io e lei ci potessimo spalleggiare l’un l’altro», continua Pietro. «Ho in mente delle immagini indelebili, fatte di piccoli, eppure “enormi” gesti quotidiani. Come il fatto di poter essere lì a imboccare mia moglie mentre allattava o di poterle dare il cambio per la nanna sulla palla dello yoga, su cui ci dondolavamo con il piccolo in braccio… Momenti che passano in fretta, che se li perdi non li ritrovi più».
Una storia che riscalda il cuore quella di Pietro, ma che non è condivisa da tantissimi altri papà in Italia. Non ancora, almeno. La sua preziosa presenza al fianco della moglie per 40 giorni, quando due anni fa è nato il loro primogenito, è stata possibile grazie alle scelte innovatrici dell’azienda farmaceutica Novartis in cui Pietro lavora da 7 anni, una delle pochissime «illuminate» che stanno guardando avanti rispetto alla legge vigente in Italia sul congedo di paternità, per sostenere e promuovere il benessere e la crescita familiare con progetti di welfare creati ad hoc.
«Quando nasce un bambino nasce anche il suo papà e questa esperienza di passaggio da uomo a padre è un percorso trasformativo ma anche evolutivo», aveva già spiegato in un’intervista rilasciata a Vanity Fair, Alberto Pellai, Medico, Psicoterapeuta dell’età evolutiva e Ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano. «La vicinanza tra un padre e il proprio bambino rende più facile per il papà mettere in gioco non solo l’aspetto della responsabilità e dei gesti di cura verso il proprio figlio ma anche l’aspetto associato alla disponibilità emotiva. Due caratteristiche che generano la dimensione di attaccamento tra padre e bambino, un attaccamento che ad oggi è stato quasi sempre descritto solo in relazione alla mamma ma che invece avviene anche tra neonato e papà».
A oggi, in Italia, la legge sul congedo parentale permette ai neopapà di beneficiare soltanto di 10 giorni di permesso retribuito per la nascita di un figlio, molti meno dei cinque mesi garantiti alle mamme. A tutti i genitori che lavorano in azienda, Novartis riconosce invece il congedo parentale facoltativo con una copertura retributiva fino all’80% dello stipendio nei sei mesi di utilizzo, (rispetto al 30% previsto dalla normativa in vigore). Non solo. Perché a questo si aggiungono anche altri interventi per sostenere la parità di genere, come l’equità salariale e il riconoscimento di 20 settimane retribuite pienamente in caso di nascita di un figlio anche per i neo-papà, come appunto nel caso di Pietro.
«La decisione di usufruire soltanto di 40 giorni di congedo è stata mia, ma ho avuto la piena libertà di poterlo fare senza limitazioni», prosegue il brand manager. «C’era la volontà personale di rientrare dentro una routine, sebbene senza restrizioni di sorta. Non nego che l’idea di prendere la paternità all’inizio mi aveva suscitato dei dubbi. Più che altro per inesperienza, per la non diffusione di questa opportunità anche al di fuori dell’azienda. Vista la poca frequenza di questo benefit incredibile, avevo paura che potesse avere un impatto negativo sul lavoro, che facesse trasparire una non volontà di impegno. In realtà, sono stati in primis i manager a stimolarmi verso la scelta di questo percorso».
Spesso è proprio la diffusione ancora scarsa in Italia del congedo di paternità a generare timori infondati e varie perplessità riguardo alla percezione in ambito lavorativo.
«A ripensarci, è stato curioso vedere amici e parenti non abituati a questo che mi dicevano: “Ma sei sicuro che puoi stare tutto questo tempo fuori dal lavoro?”, “Sicuro che non si dimenticano di te?“. In realtà, una volta rientrato al lavoro, quest’esperienza è servita non solo a sostenere un periodo cruciale per lo sviluppo, ma ha anche portato a due step di carriera», precisa.
Source link