Economia

Piazza (Mfs Im): “Nei bond ancora valore, ma attenzione alle scadenze lunghe”


Nonostante le tensioni geopolitiche e le incertezze legate a dazi e politiche fiscali, lo scenario per i mercati obbligazionari è rimasto relativamente stabile. A dirlo è Annalisa Piazza, fixed income portfolio manager di Mfs Investment Management, secondo cui le prospettive a medio termine continuano a convergere verso un “soft landing”, anche se con maggiori rischi.

“In Europa vediamo uno scenario di stabilità sia per la crescita, sia per l’inflazione. Nonostante gli shock degli ultimi mesi – dai dazi alle tensioni geopolitiche – il mercato ha dimostrato una buona capacità di assorbimento. Anche la Germania, che oggi registra l’incremento della spesa pubblica più elevato nell’area euro, non ha destabilizzato gli equilibri”, spiega Piazza. Il quadro appare più complesso sul fronte americano: “Negli Stati Uniti c’è stato un forte riprezzamento della credibilità delle istituzioni, con le politiche di Trump che hanno aumentato l’incertezza soprattutto sulla parte lunga della curva dei rendimenti”.

I mercati restano dunque esposti a volatilità, ma c’è un consenso diffuso su uno scenario di soft landing da qui ai prossimi 18 mesi. “Per questo, i bond restano interessanti, grazie ai livelli di rendimento iniziali, nonostante spread compressi sul fronte dei governativi”, evidenzia la portfolio manager. Quanto al posizionamento, Piazza individua opportunità differenziate tra Stati Uniti ed Europa sul fronte dei governativi: “In Europa preferiamo la parte a 7-10 anni della curva, dove vediamo più valore. Negli Stati Uniti, invece, ha senso un sovrappeso di duration nella parte breve, intorno ai 5 anni. I Treasury, in questo contesto, continuano a svolgere il ruolo di bene rifugio, con rendimenti ancora elevati”.

Sul credito, la strategia di Mfs Im si mantiene prudente: “Abbiamo costruito un sovrappeso sugli high yield (obbligazioni con rating basso e quindi con un rischio di credito più elevato, cioè una maggiore probabilità che l’emittente non riesca a rimborsare capitale o interessi, ndr) quando c’era valore, ma oggi ci muoviamo in maniera più difensiva: nei settori privilegiamo le utilities rispetto alle banche e, in termini di qualità, gli investment grade (titoli con rating elevato, quindi considerati più solidi e con minor rischio di default, ndr) rispetto ai subordinati (obbligazioni più rischiose, che in caso di difficoltà dell’emittente vengono rimborsate dopo le ordinarie e solo dopo gli altri creditori senior, ndr). In generale, fatto 100 il portafoglio obbligazionario, un’esposizione bilanciata per un investitore con profilo di rischio medio può essere intorno al 40% governativi e 60% corporate”.

Anche sugli emergenti la linea resta selettiva: “Vediamo opportunità in Paesi come Perù, Uruguay, India e Brasile, dove ci sono aspettative di taglio dei tassi. Anche il Sudafrica mostra segnali incoraggianti, con miglioramenti nelle politiche fiscali. Tuttavia, il contesto globale impone ancora più prudenza: puntiamo a proteggerci dalla volatilità con una selezione molto mirata”, spiega la portfolio manager. Tra i rischi all’orizzonte, Piazza cita la situazione politica in Francia, l’evoluzione della strategia europea verso la Cina e soprattutto la variabile Trump in vista delle elezioni di mid-term: “Il modo in cui il presidente americano comunicherà le sue decisioni potrebbe generare nuova volatilità”, conclude. “In questo scenario conviene evitare la parte molto lunga della curva – 30 o 40 anni – nonostante i rendimenti alti”. Inoltre, “anche in caso di un rialzo dei tassi, conviene restare investiti e mantenere sangue freddo perché riteniamo che l’impatto non sarà tale da generare troppa volatilità”.


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