Liguria

Peste suina, 2024 annus horribilis: il contagio fuori controllo ha raggiunto altre regioni e allevamenti

Genova. Nel bilancio di questo 2024 oramai agli sgoccioli, entra a pieno diritto anche la questione legata alla Peste suina africana, vale a dire il virus mortale per i suini e cinghiali, che dal 2022 sta ammorbando nel vero senso della parola i boschi di Liguria, Piemonte, Emilia, Toscane e Lombardia.

Gli ultimi dati restituiscono i contorni di una situazione tutt’altro che risolta, anche se in fase di “raffreddamento”: Il totale dei positivi sui cinghiali sale a 1.718 casi. Invariato a 1.042 in Liguria; cresce a 676 in Piemonte. Fermi a 9 i focolai riscontrati negli allevamenti suinicoli. In Piemonte sono state osservate cinque nuove positività tra i cinghiali, tutte in provincia di Alessandria: una a Cassine (nove in totale), due a Cassinelle (21), e due a Ovada (27). Il totale in regione cresce a 676 casi. Non si segnalano nuovi focolai in allevamenti suinicoli in Piemonte.

In Liguria non sono state riscontrate nuove positività tra i cinghiali: il totale dei casi in regione rimane stabile a 1042. Rimangono invariati a 167 i Comuni in cui è stata osservata almeno una positività alla Peste Suina Africana. E Genova resta il comune più interessato dai ritrovamenti delle carcasse infette, con ben 264 casi in due anni, il primato nazionale.

peste suina 31 dicembre

Un anno difficile

Ma questo 2024 non è stato un anno facile per la gestione di questa epidemia. Dopo il fallimento delle opere di recinzione – centinaia di chilometri di rete constati diversi milioni di euro poi rivelatesi inefficacia a trattenere la popolazione di ungulati e quindi il contagio – lo scorso luglio è il commissario straordinario per il contrasto alla Psa, Angelo Caputo, il secondo a coprire questo ruolo, ha concluso il suo mandato per “motivi personali”, venendo sostituito in corsa da Giovanni Filippini, direttore del Benessere animale presso il Ministero della Sanità ed è già stato commissario per tre anni in Sardegna.

Un cambio in corsa arrivato nei giorni in cui nelle campagne di Emilia e Toscana venivano trovate le prime carcasse di suini risultate poi infette. In altre parole un contagio che nonostante tutti i provvedimenti non si è fermato ai confini regionali di Liguria e Piemonte, ma anzi ha continuato a viaggiare. E in questi ultimi mesi si sono moltiplicate anche le segnalazioni di infezioni all’interno di allevamenti di suini: ben nove raggiunti in questi mesi dal virus.

Sempre a luglio è arrivata la missione dei commissari europei che di fatto ha stroncato le iniziative nostrane per arginare il virus: “Ridurre a zero la popolazione dei cinghiali sembra un obiettivo difficile da raggiungere – avevano scritto i veterinari-commissari nel capitolo del report dedicato all’attività venatoria finalizzata al contenimento della Psa – Invece, le popolazioni di suini domestici dovrebbero essere protette da buone misure di biosicurezza. La caccia dovrebbe essere utilizzata principalmente per prevenire la diffusione epidemica della PSA. Ciò richiede una strategia di caccia ben ponderata e pianificata che dovrebbe essere sviluppata e coordinata a livello centrale da un gruppo di esperti per l’intera area endemica. Poiché le misure di caccia possono anche avere un effetto controproducente e, se non coordinate, possono portare alla diffusione della malattia, si consiglia di cacciare solo dove il virus non è ancora arrivato“. Quindi non in Liguria e Piemonte: “La caccia è solo uno strumento e non la soluzione”, avevano concluso gli esperti.

Oggi, con il 2025 alle porte, i numeri della Psa sono ancora in crescita, seppure con una generale diminuzione nei numeri assoluti. La speranza è che il quarto anno solare di epidemia possa portare ad una soluzione duratura che possa garantire un nuovo equilibrio per i nostri boschi.




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