Perugia, «quella palazzina è troppo alta e rovina il panorama»: il Tar blocca il progetto
di Daniele Bovi
Il Tar dell’Umbria ha accolto il ricorso di un residente del quartiere di San Sisto contro il Comune di Perugia e una società, annullando in parte il permesso di costruire e la sua variante rilasciati per la demolizione e ricostruzione di un fabbricato nel popoloso quartiere del capoluogo. Secondo la sentenza, l’intervento edilizio autorizzato viola i limiti di altezza massima previsti dalla normativa urbanistica.
Il caso Tutto nasce nel febbraio 2023 con il rilascio, da parte del Comune, di un permesso per la costruzione di un edificio plurifamiliare di nove unità abitative in una zona che si trova nella parte alta del quartiere. Il progetto prevedeva anche un incremento volumetrico del 25 per cento e un aumento dell’altezza grazie alla classificazione energetica A, come previsto dalla legge regionale. A novembre dello stesso anno, è stata approvata la variante che introduceva modifiche interne, un’unità abitativa aggiuntiva, variazioni nei garage e una copertura con solaio misto piano e inclinato.
Le tappe A dicembre 2023 il proprietario di un’abitazione situata di fronte al cantiere ha ottenuto l’accesso agli atti e ha presentato il ricorso. Il ricorrente ha contestato in particolare l’eccessiva altezza del nuovo edificio, superiore ai 10 metri consentiti dal piano attuativo. Dalla documentazione tecnica risultavano infatti altezze di 12,15 metri, in violazione dei limiti. Comune e società avevano eccepito la tardività del ricorso e la mancanza di un interesse legittimo, sostenendo che la riduzione della visuale non costituisse un danno giuridicamente rilevante. Inoltre, avevano difeso il metodo di calcolo delle altezze adottato, basato su una media tra coperture inclinate e piane.
La sentenza Il Tar ha però respinto tutte le eccezioni preliminari. I giudici hanno ritenuto che la reale portata della violazione non fosse percepibile dall’inizio dei lavori e che il ricorrente avesse pieno titolo a ingaggiare la battaglia legale, in quanto vicino all’area interessata e potenzialmente danneggiato dalla nuova costruzione, sia per la perdita della visuale sia per l’aumento del carico urbanistico. «Per radicare l’interesse all’impugnativa – sostengono i giudici – è sufficiente che colui che ricorre alleghi e dimostri la sussistenza di una lesione alla propria sfera giuridica, nella specie la riduzione del godimento del panorama e un aumento del carico urbanistico in conseguenza di una trasformazione edilizia ritenuta illegittima». Nel merito, il Tribunale ha accolto i rilievi sulle altezze, affermando che il calcolo corretto – in base al regolamento regionale – deve considerare l’altezza massima misurata al punto più elevato della gronda, senza medie aritmetiche.
Permesso annullato La magistratura amministrativa ha invece respinto la parte del ricorso relativa alla compatibilità paesaggistica, ritenendo che la legge regionale contenga una raccomandazione, e non un obbligo vincolante, e che il Comune avesse valutato l’inserimento dell’opera nel contesto edilizio. Alla luce di queste conclusioni, il permesso di costruire in variante è stato annullato nella parte in cui consente un’edificazione fuori norma. La palla ora passa al Comune che dovrà decidere il da farsi.
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