Umbria

Perugia, aggressioni in aumento: all’ospedale teleallarme in pronto soccorso e altri reparti


di Daniele Bovi 

Sistemi di teleallarme, videosorveglianza e vigilanza diurna e notturna. Sono queste alcune delle contromisure che un gruppo di lavoro, nominato dall’Azienda ospedaliera di Perugia, dovrà valutare nelle prossime settimane per contrastare il fenomeno delle aggressioni ai danni degli operatori sanitari; un fenomeno in crescita in Umbria come nel resto d’Italia.

Cosa cambia Secondo quanto stabilito con un atto aziendale, il gruppo di lavoro composto da vertici dei reparti e da alcuni uffici dell’ospedale, dovrà individuare una o più misure fra quelle elencate in apertura da adottare in via sperimentale in pronto soccorso, al pronto soccorso pediatrico, all’accettazione di Ostetricia e ginecologica e a Psichiatria; reparti che per ovvi motivi sono tra quelli più esposti. Sulla base dei risultati ottenuti, la sperimentazione potrebbe essere poi estesa anche ad altre aree e aziende sanitarie umbre. Della possibilità di dotare gli operatori del pronto soccorso perugino di un braccialetto elettronico si era parlato già a settembre; lo strumento in caso di movimento troppo brusco (compatibile quindi con un’aggressione) metterebbe automaticamente in allerta la centrale interna, facendo partire la chiamata alle forze dell’ordine.

In aumento Quel che è certo è che i casi sono in aumento. Nel corso del 2023 in Umbria sono stati registrati 152 episodi di violenza, l’8 per cento dei quali nei pronto soccorso «e nel corso del 2024 – scrive l’ospedale nella delibera – il fenomeno delle aggressioni agli operatori sanitari è in continua crescita». Di numeri e non solo si è parlato mercoledì a Perugia in occasione della giornata nazionale di prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari. Nel corso di un evento formativo tenutosi nella sede della Regione, Palazzo Donini ha fatto il punto inisieme ad aziende e rappresentanti della Consulta delle professioni sanitarie. I dati raccolti dal Centro regionale per la gestione del rischio sanitario parlano, per il 2024, di 207 casi (+37 per cento rispetto all’anno prima) che hanno coinvolto 262 persone, con un aumento del 46 per cento.

I numeri Quasi il 70 per cento delle vittime è donna, mentre la fascia d’età più colpita è quella che va dai 30 ai 39 anni (86 casi). Le categorie professionali più colpite sono gli infermieri (58 per cento), seguiti dai medici (25 per cento) e dagli operatori sociosanitari (9 per cento). Gli episodi si verificano soprattutto al mattino (52 per cento) e nei giorni feriali (88 per cento). La forma più comune di aggressione è quella verbale (76 per cento), seguita da quella fisica (18 per cento). Gli autori sono principalmente utenti (64 per cento) e caregiver (33 per cento). Le violenze avvengono sia in ambito ospedaliero (60 per cento) che territoriale (40 per cento). Negli ospedali, i reparti di degenza (42 per cento) e i pronto soccorso (31 per cento) sono le aree più colpite. Sul territorio, invece, le aggressioni si concentrano negli istituti penitenziari (41 per cento) e negli ambulatori (28 per cento).

Lavorare insieme In un videomessaggio la presidente Stefania Proietti ha sottolineato la necessità di lavorare tutti insieme: «I professionisti che dedicano la loro vita alla cura e all’assistenza delle persone – ha detto – meritano di lavorare in un ambiente sicuro e rispettoso. La crescita delle segnalazioni di episodi di violenza ci impone un’azione concreta e continuativa tra istituzioni, professionisti e cittadini». Tutte le proposte che emergeranno, ha assicurato la presidente, saranno integrate nel nuovo Piano sanitario. All’appuntamento, coordinato dalla neo direttrice della sanità Daniela Donetti, ha partecipato anche il vicepresidente Tommaso Bori sottolineando anch’egli l’importanza di un lavoro congiunto e del monitoraggio. 

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