Umbria

Perquisiti gli studi legali di tre avvocati di Perugia: sequestrati fascicoli e supporti informatici


Gli studi legali di tre avvocati di Perugia sono stati perquisiti ieri dalla guardia di Finanza impegnata nelle indagini sul giudice-poeta Ernesto Anastasio indagato con l’accusa di corruzione per l’esercizio della funzione. I magistrati di Firenze che coordinano l’inchiesta hanno disposto il sequestro di fascicoli e di alcuni supporti informatici dei tre professionisti inquisiti, che assistevano detenuti ‘non dimenticati’ dal 54enne napoletano sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dal Csm per aver accumulato l’arretrato record di 858 fascicoli al tribunale di sorveglianza. «Alcuni avvocati obiettivamente hanno ottenuto un po’ di più ma non perché fossero in procinto di farmi dei favori – aveva spiegato il giudice in un’intervista al Corriere dell’Umbria -. Da parte di alcuni c’è stata maggiore presenza in ufficio, una cordialità, un’intuizione psicologica, hanno capito come dovevano relazionarsi con me».

Astensione Tre giorni di astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale erano stati proclamati l’anno scorso a dicembre dalla Camera penale di Perugia per la «situazione di oggettiva gravità riconducibile ad eccessivi ritardi nella definizione dei procedimenti, sia monocratici che collegiali, trattati dalla magistratura di sorveglianza di Perugia», tribunale presso cui operava Anastasio. L’Ordine degli avvocati circa un mese prima aveva chiesto ad Anastasio di fare «eventualmente» i nomi dei legali che avrebbero ricevuto presunti favoritismi per i loro clienti. Il Consiglio dell’Ordine – presieduto da Carlo Orlando – aveva espresso «la propria ferma censura alle dichiarazioni esternate dal magistrato, invitandolo a non attribuire eventuali responsabilità o giudizi professionali sulla classe forense, anzi eventualmente dichiarando apertamente i nominativi degli avvocati che avrebbero posto in essere i comportamenti riferiti, in quanto l’avvocatura si dissocia da simili condotte e non è altresì disposta ad accettare tali illazioni o paventati addebiti».

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