Percorsi Seriali, Andor: il canto della ribellione che ridefinisce Star Wars
Andor, disponibile su Disney+, lo spin-off di Star Wars: la seconda stagione ha ricevuto 14 nomination agli Emmy
Si, da Star Wars non se ne esce, soprattutto quando il franchise più famoso della storia, non me ne vogliano gli amanti del MCU – ci sono anche io fra loro – ma l’universo creato da George Lucas è qualcosa che continua a conquistare generazioni su generazioni, soprattutto quando decide di cambiare pelle e modificare sé stesso. Andor, disponibile su Disney, come sapranno in molti visto che ho pensato molto prima di scrivere queste righe, non è il miglior spin-off. Di più.
Siamo di fronte ad una vera masterclass di storytelling politico e umano che ridefinisce Star Wars e che crea anche una nuova trilogia, quella che si potrebbe chiamare degli eroi dimenticati, che si chiude con il film Rogue One. La seconda stagione di Andor – che ha ricevuto ben 14 nomination agli Emmy Awards 2025 – conferma la serie come il prodotto più maturo e ambizioso dell’universo Star Wars. Diretta da Ariel Kleiman, Janus Metz e Alonso Ruizpalacios, la stagione adotta una struttura in quattro archi narrativi di tre episodi ciascuno, coprendo quattro anni che separano la prima stagione dagli eventi di Rogue One.
OGNI ARCO UN MINI-FILM AUTONOMO
Ogni arco è un mini-film autonomo: Arco 1, Ricostruzione della rete ribelle dopo la rivolta di Ferrix; Arco 2-3, Ascesa e massacro di Ghorman, culmine politico ed emotivo della stagione; Arco 4, Transizione verso Rogue One, con un finale malinconico e antieroico. Questa struttura permette alla serie di esplorare salti temporali significativi, mostrando l’evoluzione dei personaggi e l’ascesa dell’Impero con un ritmo serrato ma riflessivo.
La regia privilegia inquadrature simboliche (come il dialogo fra Luthen e Lonni su una panchina di Coruscant, un capolavoro di tensione visiva) e un’estetica “sporca” che ricorda i thriller politici anni ‘70, cosa mai vista nel franchise di Star Wars, e che ricorda registi come William Friedkin e Don Siegel.Quelli che poi colpisce, in maniera ancora più forte della bella prima stagione, che era legata ad un atteggiamento e ad uno standard più classico se vogliamo, anche se sempre innovativo per il franchise di Lucas, è la costruzione dei personaggi, questi eroi-ombra nell’ombra, molto lontani dagli scintillanti jedi ed anche dal lato oscuro della Forza.
Perché? Perché dannatamente umani con i loro pregi, difetti, paure e momenti di coraggio. Cassian Andor (Diego Luna) diventa un collante narrativo più che un protagonista assoluto. La sua trasformazione in soldato della Ribellione è segnata da dubbi morali e sacrifici personali, specialmente nel rapporto con Bix, personaggio per cui non puoi non avere un debole, soprattutto per l’interpretazione di Adria Arjona, che coniuga bravura e bellezza. E siamo solo all’inizio! Come non parlare di Luthen Rael (un meraviglioso Stellan Skarsgård, attore che merita davvero una standing ovation) e Kleya Marki (Elizabeth Dulau) sono il cuore emotivo della stagione.
ANDOR: IL PASSATO E GLI ANTAGONISTI DI STAR WARS
L’episodio dedicato al loro passato (con flashback su Naboo) rivela un legame padre-figlia adottiva e un atto terroristico contro l’Impero che sfuma ogni manicheismo. Mon Mothma (Genevieve O’Reilly) con il suo discorso al Senato contro il genocidio di Ghorman è un momento iconico – io non sopporto usare questa espressione ma qui è davvero necessaria – con echi attuali nella crisi mediorientale.
Poi ci sono gli antagonisti. Certo abbiamo un villain a tutto tondo come Orson Krennic (Ben Mendelsohn) torna come figura spietata e ambiziosa, ma poi abbiamo due “cattivi” davvero rilevanti anche per il legame che si crea fra loro. Dedra Meero (Denise Gough) e Syril Karn (Kyle Soller) incarnano la banalità del male imperiale ed entrambi sono tempestati di una umanità fatta di frustrazioni e di attimi di ripensamenti che però sono veramente così fortemente densi e messi in luce da belle prove attoriali. Un cast che davvero sottolinea come questo prodotto sia davvero fuori dal comune.
ANDOR: I CAMEI NELLO SPIN OFF DI STAR WARS
Non scordiamo che ci sono anche dei camei sempre come quelli di Forest Whitaker, ma soprattutto i due robot, Bee e K, fanno dimenticare una delle punte più basse dell’universo Lucas a mio avviso, cioè Jar Jar Blinks“! Meglio sorvolare. Questa stagione approfondisce i temi della prima in maniera e con toni più cupi, ponendo la politica e la speranza in una dimensione più personale ed oscura. La Resistenza è un atto collettivo e la ribellione è mostrata come un mosaico di gruppi frammentati (attendisti, estremisti, idealisti) e spesso improvvisati, non un movimento monolitico come spesso eravamo abituati a pensare e credere. Che dire poi della violenza e della propaganda che si fa sistema da parte dell’Impero, falsi attentati e repressione militare (es. il massacro di Ghorman) per giustificare l’autoritarismo.
La cosa che salta all’occhio è come Andor sia davvero una serie anti-Trump, soprattutto rispetto ad altre serie recentemente uscite che si pongono come critica delle élite, ma che sono davvero funzionali al sistema di potere. La speranza è una forza matrice, anche crudele. La celebre frase “Le ribellioni sono costruite sulla speranza” (Rogue One) diventa un mantra tragico, incarnato da personaggi come Lonni Jung, spia ribelle sacrificabile.Una frase che racchiude in sé tutto il mondo di Andor e quella della senatrice Mon Mothma che recita “La morte della verità è la vittoria definitiva del male.”
IN ANDOR UN FINALE APERTO
Una espressione che dipinge benissimo il tempo che stiamo vivendo. Il finale aperto (con Bix che tiene in braccio il figlio di Cassian su Mina-Rau) è un promemoria amaro: le rivoluzioni si nutrono di vite spezzate, ma la speranza sopravvive in chi resta. Con questa stagione, Tony Gilroy non ha solo creato la migliore serie TV di Star Wars, ma una delle opere più necessarie degli anni ‘20. Io spero che ci sia una nuova vita per Andor, magari riprendendo le fila da dopo Rogue One, comunque davvero imperdibile.
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