perché questo matrimonio non s’ha da fare
Tra pochi giorni a Venezia si celebrerà il matrimonio tra Jeff Bezos e Lauren Sanchez. Lusso sfrenato, alberghi a cento stelle completi, ospiti internazionali che sfrecceranno da una parte all’altra della città in taxi acquatici. Per tre giorni la città sarà semi-paralizzata, semi-privatizzata, mero sfondo di un matrimonio miliardario (solo un dettaglio: la sposa farà ben 27 cambi d’abito).
Lo sfruttamento così manifesto di una città fragile e già sofferente per il turismo di massa, da parte di una figura, Bezos, che viene accusata di essere parte attiva nella distruzione del mondo tramite Amazon, è stato messo in discussione da un numero crescente di persone che si sono riunite in queste settimane nei comitati anti-Bezos, composti anche da ambientalisti di Extinction Rebellion e dal comitato No Grandi Navi, con striscioni e cartelli appesi sui ponti di Venezia. E pronti, a quanto lasciano intendere, a bloccare la città con le proteste durante quei tre giorni.
A loro il sindaco ha fatto sapere che si tratta di una protesta assurda, che il matrimonio di Bezos porta fondi e indotto alla città, insomma tutta la solita retorica che ormai i nostri governanti, da destra a sinistra, ci propinano. La verità è che questo matrimonio dice tante cose che non valgono solo per Venezia, ma per tutta l’Italia e la privatizzazione di beni pubblici e città, crescente ovunque. Eccole:
1) A comandare nel mondo sono solo i soldi. Che i nostri politici, di destra e sinistra, a chi offre milioni non dicono mai di no, indipendentemente dalle ricadute negative sulle persone e sui territori di questi soldi.
2) Il mantra per cui le persone e le città si arricchiscono con questi eventi è falso. I soldi vanno solo ad alcuni settori, e solo ad alcuni di questi settori. Proprietari di alberghi e ristoranti, tutti quelli che hanno a che fare col turismo, che genera – com’è noto – lavoro povero e intermittente. Al resto, caos e difficoltà.
3) Le differenze tra ricchissimi e poverissimi ormai non scandalizzano più. I ricchi sono automaticamente anche i più degni moralmente e quindi possono fare ciò che vogliono. I poveri, tanto, sono invisibili. Cercare di ridurre questo divario, anche a livello dell’immaginario, anche a livello di fruizione della città, non interessa più la politica né a destra né a sinistra.
4) La logica dei grandi eventi sta distruggendo il paese e prendendo piede ovunque. Non importa la grandezza degli eventi, è la filosofia che c’è dietro. Proprio in questi giorni Roma è teatro di un duro scontro tra comune a targa Pd e i residenti intorno all’area del Circo Massimo, che non riescono più a vivere, parcheggiare, dormire. L’assessore al Turismo capitolino non fa che ribattere che gli eventi portano soldi destinati alla protezione della città e che i residenti si devono arrendere perché i concerti sono una sorta di bene comune, scambiando il bene comune con una scelta discutibile e di parte.
5) L’etica non esiste più. Perché se esistesse, potrebbe arginare almeno lo strapotere dei soldi che tutto vogliono e fanno. Ricordo sempre la scelta di un medico africano, anni fa: rifiutò i proventi arrivati dal ricavato dalle foto seminuda di Carla Bruni. Per dire: non tutti i soldi sono uguali. Oggi una scelta del genere farebbe sorridere. Non esiste alcun principio morale, in chi ci governa, che faccia capire loro che si dovrebbe dire no a questi eventi immorali, perché mettono in scena la ricchezza estrema nelle nostre città piene di poveri e disperati.
6) Dell’ambiente e della sua cura non interessa più nulla a nessuno. Venezia è un ambiente fragilissimo, con un ecosistema minacciato appunto dal turismo assurdo e delle navi da crociera. Eppure si continua a spolparlo, come avviene in tutte le città d’arte, fino all’ultimo. E se arriva il super ricco, può emettere e inquinare quanto vuole. Tra parentesi, Brugnaro è il fautore del numero chiuso e dei ticket per Venezia. Così chi non ha i soldi non può visitarla. Una contraddizione stridente, altro che città che accoglie tutti, come ha detto il primo cittadino.
7) La privatizzazione dei beni pubblici è ormai sdoganata. Dalle feste nei musei a Venezia trasformata in sfondo da matrimonio, i nostri amministratori concedono quelli che sarebbero beni di tutti a privati. In nome di chi e di cosa non è chiaro, a parte i loro interessi perché, appunto, alla popolazione non arriva niente, se non musei e città chiuse, maggior inquinamento, peggioramento della qualità di vita laddove avvengono i grandi eventi.
Insomma, Venezia alla fine è proprio il simbolo del mondo di oggi. Come i potenti del mondo possono decidere le guerre a loro piacere, in sfregio del diritto internazionale, così i ricchi del mondo possono comprare o monopolizzare luoghi d’arte e di natura e città. E’ il diritto del più forte oppure del più ricco, o tutte e due insieme come nel caso di Trump.
Tornando al caso di Venezia, per fortuna non tutto è silenzio. Per fortuna c’è chi si oppone, c’è chi sta gridando che tutto questo non si può fare. E sono certa che anche i cittadini che non protestano, anche quelli di centrodestra, non siano contenti della scelta di regalare la città a Bezos. Perché il ceto medio italiano è in difficoltà estrema, tra stipendi sudamericani e prezzi ormai svedesi. Perché le famiglia, da destra a sinistra, da nord a sud, a metà mese hanno finito lo stipendio e poi non sanno più come fare, perché tutto costa davvero troppo e l’inflazione è fuori controllo. Sbattergli in faccia lo yacht da 500 milioni di Bezos e la sfacciata, pacchiana ricchezza di quest’ultimo non farà che peggiorare la loro (giusta) frustrazione e amarezza.
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