Economia

Perché con Trump è tornata l’“età dell’oro”


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Buona lettura,

Walter Galbiati, vicedirettore di Repubblica

“The golden age of America begins right now”. E aveva ragione Donald Trump quando nel suo discorso di insediamento annunciava che gli Stati Uniti stavano entrando nell’età dell’oro. Non per una rinnovata era di benessere per tutti, ma perché l’oro, tra i vari tipi di investimenti, è l’asset che dal suo arrivo è andato meglio di tutti e promette di fare altrettanto per tutto il 2025.

Il rally. Dal 20 gennaio ad oggi è salito di oltre il 7%, sfondando un record storico dopo l’altro, fino ad arrivare a quasi 2.950 dollari l’oncia. In realtà l’oncia troy, l’unità di misura che si usa per l’oro ed è pari a circa 31 grammi.

Le altre asset class. Nello stesso periodo, il dollaro nei confronti dell’euro è rimasto pressoché stabile, l’S&P 500 non è andato oltre un rialzo dell’1%, i rendimenti dei Treasury sono calati, mentre il Bitcoin dopo il rush iniziale è sceso di quasi dieci punti percentuali.

Cosa fa salire l’oro? A spingere le quotazioni è lo scenario economico che si è reso alquanto instabile, principalmente per la politica di Trump che ogni giorno riserva sorprese su ogni fronte, ma soprattutto su quello tariffario.

“Più aumentano i dazi, più il commercio mondiale ne risentirà e meglio sarà per l’oro”, spiega James Steel, analista di metalli preziosi di Hsbc. “Quando il commercio si contrae, l’oro decolla”, ha aggiunto, indicando come esempi precedenti la pandemia di Covid-19 e la crisi finanziaria globale del 2008.

Lo spettro dell’inflazione. L’aumento di costi dovuto alle tariffe doganali penalizza l’economia e spinge l’inflazione, un’altra componente che da sempre favorisce l’acquisto del metallo prezioso.

Le case d’affari alzano le stime. Non è un caso che tutte le principali banche d’affari, da Ubs a Citi, da Bank of America a Goldman Sachs abbiano alzato le loro stime sull’oro, spingendo le valutazioni fino ai 3.500 dollari l’oncia che potrebbero essere raggiunti già entro la fine del 2025.

Cosa serve per arrivare ai target. Secondo Bank of America, per portare l’oro a una media di 3.000 dollari l’oncia quest’anno, la domanda di investimento dovrebbe aumentare solo dell’1%.

Perché poi raggiunga i 3.500 dollari, l’aumento dovrebbe essere del 10%. “È molto, ma non impossibile”, scrivono gli analisti della banca statunitense.

I numeri del World Gold Council. La prima soglia sembra a portata di mano perché lo scorso anno, secondo le rilevazioni del World Gold Council, la domanda totale di oro è aumentata dell’1% su base annua già nel quarto trimestre, fissando così per l’intero anno il nuovo record a 4.974 tonnellate.

Chi compra oro. I principali acquirenti sono soprattutto le banche centrali, alla ricerca di beni alternativi ai titoli di Stato e alle valute. Nel 2024 hanno continuato ad assorbire oro a un ritmo impressionante: gli acquisti hanno superato le 1.000 tonnellate per il terzo anno consecutivo, con una forte accelerazione nel quarto trimestre a 333 tonnellate.

Il peso dei tassi. L’afflusso maggiore è arrivato nella seconda metà dell’anno in coincidenza col taglio dei tassi di interesse della Fed e con l’aumento dell’incertezza geopolitica, fattori che hanno spinto gli investimenti in oro, soprattutto in Etf, che hanno registrato una crescita del 23%, raggiungendo il record di 91 miliardi di dollari.

E anche per il 2025 l’andamento sarà condizionato dalla politica monetaria della Fed. Coi tassi invariati, “ci aspettiamo che il prezzo dell’oro raggiunga i 3.060 dollari entro la fine del 2025”, scrivono gli analisti di Goldman Sachs in un report.

“Tuttavia – aggiungono – se l’incertezza politica, compresi i timori tariffari, rimanesse elevata, un posizionamento speculativo più elevato e più a lungo potrebbe spingere i prezzi dell’oro fino a 3.300 dollari l’oncia”.

L’effetto dei dazi. Gli stessi dazi statunitensi hanno contribuito a sostenere le quotazioni dell’oro non solo per il clima di incertezza e di debolezza del commercio che hanno creato, ma anche perché semplicemente rendono più costoso spostare l’oro da una parte all’altra. In vista di una loro introduzione, molte banche hanno trasferito i loro lingotti negli Stati Uniti, alimentandone il prezzo.

Il mercato “fisico” di Londra. Il centro del commercio mondiale dell’oro è Londra che rappresenta il 70% del volume di scambi nozionali globali. Il mercato londinese è regolato dalla London Bullion Market Association e scambia lingotti da 400 once “Good Delivery”, che sono conservati nei caveau della London Precious Metals Clearing Limited (LPMCL) e della Banca d’Inghilterra.

Come funziona. Per comprare e vendere oro gli istituti di credito, tra i vari strumenti, in genere utilizzano gli Efp spot (Exchange for Physicals), transazioni in cui una una banca o un fondo vende i contratti futures e riceve oro fisico, che deve poi essere immagazzinato.

Questo contratto può essere vantaggioso se il prezzo dei futures è superiore al costo di trasporto per le banche.

L’irruzione di Trump. Quando Trump è entrato in carica e si è iniziato a parlare di dazi, gli Efp sono diventati un problema, perché mentre la parte fisica spot è valutata a Londra, la parte future è valutata al Cme di New York, il principale mercato mondiale dei derivati, il cui contratto deve essere negoziato tenendo conto dei dazi.

Il timore delle restrizioni commerciali ha sostenuto i prezzi dei future, ma con l’entrata in vigore dei dazi renderà anche più costoso il trasporto di oro negli Stati Uniti.

Il gioco di anticipo. Per anticipare la mossa del governo Usa, le banche hanno iniziato a spedire once d’oro negli Stati Uniti tanto che dalle elezioni di Trump i depositi a New York sono aumentati del 116%, mentre alla Banca d’Inghilterra si sono formate code per il ritiro dell’oro.

Il risultato? Il mercato di Londra si è notevolmente irrigidito e i tassi di swap e di leasing dell’oro sono aumentati vertiginosamente.


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