Per accedere agli smartphone servirà l’ok del giudice: passa la delega anti-pm voluta dal berlusconiano Enrico Costa
Una delega al governo per modificare entro sei mesi il codice di procedura penale, prevedendo che per accedere al contenuto di uno smartphone o di qualsiasi altro dispositivo informatico – in primis, ovviamente, mail e chat – i pm debbano chiedere l’autorizzazione al giudice. La prevede l’articolo 6 della legge di delegazione europea, il provvedimento con cui ogni anno il Parlamento detta all’esecutivo i criteri per attuare le direttive Ue. Nella versione 2025, approvata mercoledì alla Camera, il deputato di Forza Italia Enrico Costa ha fatto inserire uno dei suoi emendamenti “garantisti”, diventati ormai un genere: col pretesto di adeguare l’Italia a una sentenza della Corte di giustizia Ue, la norma stabilisce che le Procure possano accedere ai dati contenuti nei device solo con il “controllo preventivo di un giudice o di un organo amministrativo indipendente“, esclusi i “casi di urgenza debitamente giustificati” e le indagini per una serie di gravi reati. Non solo: la futura legge dovrà “definire in modo sufficientemente preciso” i reati per cui è possibile acquisire i dati, garantendo “il rispetto del principio di proporzionalità”.
In realtà una proposta di legge con questo contenuto è già stata approvata l’anno scorso al Senato: si tratta del testo a prima firma del forzista Pierantonio Zanettin, che per poter leggere il contenuto di uno smartphone prevede una complessa procedura con due successive autorizzazioni del gip – una per il sequestro e un’altra per l’estrazione – e nel mezzo una sorta di udienza per la duplicazione dei contenuti, con la partecipazione di tutti gli avvocati e i consulenti di parte. In sostanza, quindi, una procedura che adesso può completarsi in un solo giorno o in poche ore domani richiederà almeno una settimana. Il governo, su input di Fratelli d’Italia, ha congelato la legge alla Camera dopo l’allarme lanciato dal procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, che ha previsto “effetti disastrosi” della nuova normativa sulle indagini. Una volta portato a casa il referendum sulla separazione delle carriere, però, l’iter potrebbe ripartire. La delega voluta da Costa, quindi, è in sostanza un pungolo al governo a non lasciare nei cassetti il provvedimento: se nei prossimi mesi non arriverà l’ok definitivo, il “falco” azzurro è pronto a farsi sentire.
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