“Per 48 ore su una barella, ho avuto paura di morire a due mesi dal trapianto”
«Mi hanno ricoverata dopo due giorni di sofferenze e dolori addominali lancinanti solo alle 17 (di ieri ndr ), dopo 48 ore passate in barella al pronto soccorso col terrore di prendere un virus e a poco più di un mese dal trapianto di fegato». Simona Vlaic, 52 anni, titolare dello storico albergo ristorante San Giors di Torino risponde dal letto dell’ospedale Molinette dove si trova ancora adesso. È esausta, dice di essere confusa, di non riuscire a prendere sonno, con un filo di voce racconta il calvario vissuto in queste ore, si sforza di ricordare perché — precisa — «può capitare a chiunque».
«Ho fatto il trapianto di fegato lo scorso 19 novembre qui alle Molinette — spiega — proseguendo settimanalmente con la dialisi per insufficienza renale. Negli ultimi giorni ho iniziato a stare molto male. Tre giorni fa sono andata al pronto soccorso delle Molinette dove mi hanno visitata e dimessa».
Poche ore dopo la dimissione Vlaic inizia ad accusare nuovamente dolori addominali fortissimi, va una seconda volta al pronto soccorso e lì resta 48 ore in attesa in barella. «Sto male», ripete a medici e infermieri in servizio. «Eppure nessuna tac, risonanza magnetica o esame di approfondimento — spiega — nonostante io sia una paziente trapiantata da poco».
Aggiunge: «Hanno eseguito solo due radiografie, nient’altro, ho avuto paura di morire qui in ospedale da sola, mi sono sentita abbandonata per un tempo che a me è sembrato infinito». Ieri mattina per l’imprenditrice era già prevista una seduta di dialisi. «Terminata la seduta — racconta Vlaic — dalle Molinette hanno deciso di dimettermi una seconda volta, nel giro di poco tempo, ma il problema non era ancora risolto, io stavo malissimo e lo ripetevo. Ho deciso di non andare via, sono tornata in pronto soccorso dove ho atteso ancora per ore. Alla fine alle 17 mi hanno ricoverata. Ma se fossi tornata a casa cosa sarebbe accaduto? Per due volte a sentire i medici era tutto ok e potevo lasciare l’ospedale». La paura più grande? «Prendere un virus — prosegue Vlaic — io sono una paziente fragile». Cosa ricorda? «I dolori, l’abbandono — aggiunge — nessuno dell’equipe che mi ha operata rispondeva al telefono, i numeri me li hanno forniti proprio per utilizzarli in caso di emergenza, ma sono stata lasciata qui».
La replica delle Molinette. «La paziente si è recata in pronto soccorso delle Molinette il 22 dicembre alle 7 e prontamente sottoposta a valutazione clinica e accertamenti diagnostici (radiografia all’addome ed ematochimici) da parte dei chirurghi del pronto soccorso e di un chirurgo della divisione dei trapianti epatici. È stato dimessa dopo 5 ore alle 11.56 dopo alcune terapie e almeno 4 diverse rivalutazioni mediche. La paziente è tornata alle 17 dello stesso giorno per ripresa del dolore. È stata nuovamente subito sottoposta ad accertamenti diagnostici e ad almeno 6 diverse valutazioni mediche e di nuovo il dolore è passato, verso le 23. Si è deciso, in accordo con la paziente, di trattenerla in osservazione sino alla mattinata poiché prevista seduta dialitica alle 7.30 alle Molinette. La paziente durante entrambi i passaggi in pronto soccorso è stata ripetutamente valutata dei chirurghi di guardia e dal personale infermieristico sia di giorno che di notte, senza mai essere abbandonata.
Dopo la seduta dialitica finita verso le 13.30 del 23 dicembre i chirurghi sono stati contattati dai nefrologi per nuova rivalutazione chirurgica a fronte di una riacutizzazione della sintomatologia dolorosa addominale. Successivamente la paziente è tornata in pronto soccorso per una nuova rivalutazione clinica e tc addome. Da ieri pomeriggio è ricoverata in epatologia”.
Source link