Pensioni tagliate a medici e altri dipendenti pubblici: “Nessuna fuga possibile: la norma lo impedisce”. Fino a 3 anni persi di anzianità
ROMA – Nessuna fuga dal posto pubblico, che sia un ospedale o l’ufficio comunale, per anticipare la pensione. Il taglio introdotto dall’articolo 33 della manovra del governo Meloni non consente scappatoie. Neanche a chi volesse affrettare la domanda in questi giorni. Lo chiarisce l’Ufficio parlamentare di bilancio, nella sua analisi sulla legge di Bilancio.

Nessun rischio di corse
Scrive l’authority indipendente dei conti pubblici: «Sembra remoto il rischio di “corse” al pensionamento che possano mettere in difficoltà il funzionamento degli uffici delle amministrazioni pubbliche». E questo perché «la norma è scritta in maniera tale da coinvolgere tutte le pensioni con decorrenza da gennaio 2024». Significa che «anche chi facesse domanda immediatamente difficilmente potrebbe vedere decorrere la pensione entro la fine del 2023».
Anticipi di pensionamento sarebbero possibili con Opzione donna o con le varie Quote: da Quota 100 a Quota 102 e Quota 103 nelle due versioni di quest’anno e del prossimo. Ma, avverte l’Upb, Quota 100 può essere usata solo da chi aveva raggiunto 62 anni di età e 38 di contributi a fine 2021 e che oggi ha 64 anni e 40 di anzianità. Questo canale prevede però il divieto di cumulabilità con un lavoro sia dipendente che autonomo. Così anche per le altre quote. La nuova Quota 103 poi ha il ricalcolo contributivo, con un taglio permanente dell’assegno. Così Opzione donna. Tutte queste possibili scappatoie anticipate hanno finestre molto ampie: la decorrenza della pensione sarebbe comunque nel 2024.
La possibilità del ricorso
Per l’Upb invece «appare molto più concreta l’eventualità che su questa norma venga chiamata a esprimersi la Corte Costituzionale». Ci sono profili di retroattività e di cambio in corsa delle regole per lavoratori alle porte del pensionamento che potrebbero ispirare ricorsi. Ma anche in questo caso Upb avverte: «Se anche il lavoratore fosse intenzionato a ricorrere contro la misura, questa decisione rimarrebbe disponibile anche senza affrettare la domanda di pensionamento». In altri termini: meglio fare ricorso da lavoratore che da pensionato anticipato: si perdono meno soldi, visto che la Consulta può impiegare mesi per una pronuncia.
L’entità dei tagli
Secondo l’Upb perde meno il lavoratore pubblico – nelle quattro categorie investite dal taglio: sanitari, insegnanti, dipendenti degli enti locali, ufficiali giudiziari – che uscirà nei prossimi anni, tra 2024 e 2028: si tratta di 250 mila persone, secondo la relazione tecnica alla manovra. E questo perché ha molti anni lavorati tra 1981 e 1995, quelli “incriminati” dalla revisione dei coefficienti di rendimento, tendenti ai 15 anni. In questo caso le perdite sull’assegno pensionistico oscillano tra il 2,3% e il 4,8%. Questo impatto, a parere dell’Upb, «potrebbe essere attenuato posticipando il pensionamento di uno o due anni», facendo così salire il montante contributivo e il coefficiente con cui il montante è trasformato in rendita pensionistica.

Fonte: Upb
Discorso diverso per la coorte di questi pensionati pubblici – in totale 732 mila entro il 2043 – che usciranno dal 2028 in poi e che dunque possono contare pochi anni lavoratori tra il 1981 e il 1995 ai quali si applicavano, prima della modifica meloniana, coefficienti di rendimento stellari ora riportati al livello di altri dipendenti pubblici. Se infatti nel 2025 il taglio annuo netto vale 530 euro in media, dal 2028 l’importo aumenta costantemente fino ad arrivare nel 2043 a 3.110 euro netti annuali per quei lavoratori che hanno solo un anno lavorato nel periodo 1981-1995. Detto in altri termini, il taglio vale 1,7 anni di anzianità persi in media da questi lavoratori, ma raggiunge un massimo di 3 anni persi per chi ha lavorato tra 5 e 7 anni nel periodo pre 1996, all’interno delle vecchia regole retributive.

Fonte: Upb
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