Società

Pensioni scuola, docente perde ricorso in Corte d’Appello: impossibile restare in cattedra fino a 71 anni senza i 20 anni di contributi minimi richiesti dalla legge

La Corte d’Appello di Catanzaro ha definitivamente respinto il ricorso di un insegnante calabrese che rivendicava il diritto al trattenimento in servizio oltre i 67 anni per raggiungere i requisiti pensionistici.

La sentenza n. 670/2025, depositata il 14 luglio scorso, ha confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Crotone, ribadendo che la permanenza oltre i limiti d’età è possibile solo quando il dipendente possa concretamente maturare l’anzianità contributiva minima di 20 anni entro il settantesimo anno.

Il ricorrente, docente presso un istituto superiore, in provincia di Crotone, e stabilizzato nel 2017 dopo anni di contratti a termine, aveva contestato il collocamento a riposo d’ufficio disposto per il settembre 2022 al compimento del 67° anno di età. L’insegnante aveva invocato il diritto alla cosiddetta pensione di vecchiaia contributiva prevista dall’articolo 24, comma 7, del decreto legge 201/2011, sostenendo che questa forma pensionistica richiederebbe solo cinque anni di contribuzione effettiva e il raggiungimento del settantunesimo anno di età.

La chiarificazione giuridica: servono sempre venti anni di contributi

I giudici di secondo grado hanno smontato l’interpretazione del docente, definendola “inafferrabile” e priva di fondamento normativo. La Corte ha precisato che l’articolo 24, comma 7, del decreto legge 201/2011 “non introduce un abbassamento dell’anzianità contributiva minima a 5 anni, in luogo dei 20”, ma stabilisce unicamente una deroga al requisito di importo minimo della pensione per chi raggiunge i settanta anni con almeno cinque anni di contributi.

Nel caso specifico, il docente aveva maturato alla data del pensionamento soltanto 12 anni e 11 giorni di contribuzione, molto al di sotto dei venti anni richiesti per la pensione di vecchiaia. I magistrati hanno sottolineato che nemmeno al compimento del settantunesimo anno l’insegnante avrebbe raggiunto l’anzianità contributiva minima necessaria, rendendo illegittimo qualsiasi trattenimento in servizio.

Il principio consolidato: trattenimento solo per obiettivi raggiungibili

La sentenza ha richiamato la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui il diritto al trattenimento in servizio oltre i limiti di età è subordinato alla possibilità concreta di raggiungere i requisiti pensionistici minimi. L’articolo 509, comma 3, del decreto legislativo 297/1994 consente al personale scolastico di rimanere in servizio “fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età”.

La Corte di Cassazione ha già chiarito che per il personale docente la protrazione del rapporto è legittima solo quando il trattenimento sia “finalizzato a consentire il raggiungimento della contribuzione minima richiesta per accedere al trattamento pensionistico”. Nel caso specifico, l’assenza di qualsiasi indicazione su quando il ricorrente avrebbe potuto maturare i venti anni di contribuzione necessari ha reso evidente l’infondatezza della richiesta.

La decisione dei giudici, dunque, conferma l’orientamento restrittivo della magistratura in materia di permanenza in servizio del personale scolastico, ribadendo che non esistono scorciatoie per aggirare i requisiti contributivi minimi stabiliti dalla normativa previdenziale.


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