Basilicata

Pedagogia antimafia, il procuratore di Crotone: «Bisogna creare una coscienza nuova»

L’incontro col procuratore Guarascio conclude il ciclo di seminari sulla Pedagogia Antimafia avviati da UniCal e liceo classico Pitagora a Crotone


CROTONE – «Proverò a dare il mio contributo ma è fondamentale la partecipazione della cittadinanza, della società civile, delle altre istituzioni. Altrimenti saremmo timonieri di una nave che non ha una rotta. Bisogna creare una coscienza nuova». Lo ha detto il procuratore di Crotone, Domenico Guarascio, a conclusione del percorso di studi di Pedagogia dell’antimafia, avviato da UniCal e Liceo classico Pitagora. Nella palestra dell’istituto crotonese gremita di studenti, il procuratore, rispondendo alle domande dei ragazzi, ha spiegato come si sta evolvendo la ‘ndrangheta e perché nega diritti sociali sanciti dalla Costituzione. Ma, soprattutto, ha lanciato un appello per il cambiamento. Lo ha fatto raccontando il suo modo di interpretare il mestiere di magistrato. Anche perché diversi studenti intervenuti hanno espresso il desiderio di intraprendere la sua stessa professione.

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CONTRIBUTO ALLA CALABRIA

«Fare il procuratore a Crotone è esaltante, mi rende gioioso. È un modo per dare un contributo ad una terra che è anche la mia. Sono calabrese e qui avevo lavorato some sostituto procuratore della Dda di Catanzaro. È un compito gravoso. A Crotone ci sono solo cinque sostituti per tutta la provincia». Guarascio ha ricordato più volte i circa dieci anni trascorsi in servizio alla Dda di Catanzaro, prima di diventare procuratore di Crotone. Portano la sua firma alcune delle principali inchieste antimafia degli ultimi anni. Sono inchieste che delineano scenari criminali sofisticati, con proiezioni al Nord, nelle aree più produttive del Paese, e all’estero. Ma «non bisogna dimenticare che la criminalità comune non è scollegata dalla criminalità organizzata».

TUTELA DELL’AMBIENTE

Emerge, in particolare, anche nel settore dell’ambiente. «Nella provincia di Crotone stiamo lavorando molto sui reati ambientali – ha detto Guarascio – Io credo che il dissesto urbanistico crei ambienti favorevoli alla criminalità – ha aggiunto – In questa provincia, molti traffici riguardano i rifiuti, sono presenti discariche in cui sostanzialmente si butta di tutto perché c’è un’incuria generalizzata. Il rischio ambientale è drammatico. Materiali come l’amianto si infiltrano nelle falde, creano seri danni alla salute pubblica.  Ecco perché è necessario indagare e avviare, successivamente, opere di bonifica».

PEDAGOGIA DELL’ANTIMAFIA, ‘NDRANGHETA CAMALEONTICA

Quello della ‘ndrangheta silente e camaleontica è uno dei temi su cui il procuratore insiste con particolare vigore. Se ne è occupato per anni. «La ‘ndrangheta è un’organizzazione criminale che vive nella società e ne carpisce le evoluzioni mimetizzandosi. Noi siamo soliti immaginare i suoi affiliati come qualcuno che chiede il pizzo, incendia camion, compie estorsioni. Tutto questo è reale. Ma, oggi, c’è soprattutto una ‘ndrangheta che si inserisce nel tessuto economico, perché ha proprie imprese, ha riferimenti nelle pubbliche amministrazioni. Inoltre, utilizza sistemi di comunicazione criptati, è capace di acquistare cocaina sul dark web, un mercato digitale in cui si compra di tutto. Ecco perché è fondamentale comprendere l’evoluzione di un fenomeno che vive nei nostri territori».

LA POLITICA

Molto curiosi, gli studenti, anche sui rapporti tra clan e istituzioni. Non a caso hanno fatto domande sul ruolo del “santista”, colui che, all’interno della complessa struttura della ‘ndrangheta, «è autorizzato a parlare con forze dell’ordine e magistratura in un’ottica di favoritismi – ha spiegato il magistrato – La ‘ndrangheta, a differenza di altre organizzazioni criminali, ha sempre dialogato con le istituzioni.  Nella fase stragista, Cosa nostra ingaggiò una lotta con lo Stato. La ‘ndrangheta, invece, ha collaborato con le istituzioni, se ne è servita e questo è l’aspetto più difficile da debellare».

IL CONFLITTO

Il passo era breve per giungere al tema del conflitto tra magistratura e politica. «La magistratura ha bisogno di fare intercettazioni, per sviscerare i gangli politici e istituzionali e capire come viene gestito il potere. Oggi tutti parlano della separazione delle carriere ma questo non risolve i problemi di lungaggine dei processi. Inoltre, se limitiamo le intercettazioni, se non diamo strumenti investigativi adeguati agli inquirenti, non riusciremo a combattere il crimine organizzato. Possiamo commemorare Falcone e Borsellino ma per onorarli bisogna capire chi sono i “santisti”».

ALTRI INTERVENTI

Il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce, ha voluto anche lui lanciare un messaggio ai ragazzi. «Sono fortemente convinto che la bellezza della cultura sia in grado di allontanare la criminalità rendendo il nostro territorio più vero e più vicino ai bisogni dei cittadini», ha detto. Il comandante provinciale dei carabinieri, Raffaele Giovinazzo, ha ricordato i giorni successivi alla strage di Cutro. «Ho conosciuto, in quell’occasione, un altro volto della Calabria. Ho visto la gente solidale, caparbia nella sua ostinazione coraggiosa. Questa gente non è quella delle sentenze, è altra cosa. Credo che quel momento rappresenti uno spartiacque perché ha segnato l’inizio di un cambiamento possibile».

La dirigente scolastica Natascia Senatore ha spiegato perché «parlare di legalità e giustizia a scuola è fondamentale. Il cambiamento di una società passa proprio dai processi educativi». La docente Rossella Frandina, che ha coordinato i ragazzi coinvolti nel ciclo seminariale, si è soffermata sulla «scuola della Costituzione che, nell’Italia dei riti e delle cerimonie, prova a costruire una società più equa e più giusta.  Ma per farlo è necessario costruire un noi collettivo, perché viviamo tempi difficili che sfidano la nostra speranza. Perché non è accettabile che ancora troppe persone siano costrette a genuflettersi per far rispettare quei diritti sanciti dalla nostra Carta Costituzionale».

LE CONCLUSIONI

«Scuola e università devono costruire nuovi linguaggi capaci di vincolare la socialità a sistemi di valori fortemente in crisi, ostaggio di una pedagogia del male che il volto della globalizzazione amplifica – ha concluso il docente UniCal Giancarlo Costabile – La scuola e l’università devono costruire una cultura della trasformazione. Altrimenti la nostra partita è persa in partenza». La palestra del liceo classico si è trasformata così in una palestra di pedagogia antimafia. Per promuovere il cambiamento.


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