Pasquino, il collaboratore che sta facendo tremare la ’ndrangheta in Piemonte
«Ho deciso di intraprendere questo cammino e di collaborare con la giustizia perché le persone di cui mi fidavo mi hanno abbandonato. La domanda di asilo che ho presentato qui in Brasile è stata fatta anche per delle discussioni che ho avuto con gli Assisi per ragioni legate ai carichi di droga».
Brasile, 28 novembre 2023. Vincenzo Pasquino, il delfino degli Assisi arrestato nel maggio 2021 assieme alla primula rossa Rocco Morabito (all’epoca numero due dei latitanti dopo Messina Denaro) sceglie di vuotare il sacco. Gli investigatori sono volati da lui, pronti ad ascoltare la sua confessione. «Io sono stato condannato in un processo torinese che si chiama Cerbero per associazione di tipo mafioso e droga. Dei carichi di cui sono accusato ammetto l’addebito, per tutti».
Ed è così che, per altri due giorni di fila e poi in diversi interrogatori fino a maggio 2024, Pasquino snocciolerà dettagli, numeri, luoghi e nomi. «Il primo carico erano 440 chili di cocaina, sono andati a Malaga, ma la destinazione finale era Livorno. Lì è stato sequestrato dalla guardia di Finanza. Per questo carico mi ha chiamato Manuele, un italiano di Roma che vive in Brasile».
Pasquino racconterà anche della sua affiliazione: «Io sono stato affiliato nel 2011 a Brandizzo presso la carrozzeria dove Domenico Alvaro era in semilibertà. Lì mi hanno dato la dote di picciotto. Domenico Alvaro aveva la dote di padrino della famiglia dei Carni i Cani, figlio di Carmine u Cupertuni, Michelangelo Versaci aveva invece la dote di picciotto e Vittorio Raso quella di santa. Quando sono stato affiliato operavo con gli Alvaro che avevano locale a Sinopoli ma si appoggiavano alla locale di Chivasso all’epoca comandata da Pasquale Trunfio».
L’esordio fu «con Vittorio Raso, nei carichi di hashish dalla Spagna». E poi, subito l’upgrade con gli Assisi, i big del narcotraffico internazionale. «Iniziai a lavorare nel 2014, uscito dal carcere, facendo i carichi dalla Spagna verso Roma. Dato che lavoravo forte, Michelangelo Versaci mi propose di lavorare con gli Assisi, nel 2015. Accettai, gestivo per loro l’hashish» confessa. Poi l’arrivo in Brasile: «Ci sono andato perchè c’erano stati problemi per dei carichi tra gli Assisi e Pino Grillo e Rocco Barbaro “u Castano” padre di Francesco detto Salsiccia. Patrick diceva che loro avevano rubato un carico perché dopo sei mesi avevano detto che la merce era brutta e quindi non l’avevano pagata. Si fecero diverse riunioni a Platì».
Nelle sue dichiarazioni Pasquino è preciso. Un fiume in piena. Molti dettagli sono già conosciuti dagli inquirenti, che hanno anche la decriptazione delle conversazioni e dei messaggi audio che gli indagati si sono scambiati negli anni. «Antonio Agresta era capo locale di Volpiano fino al 2016, quando la locale fu chiusa all’atto dell’uscita di Peppe u Sparitu».
E poi ammette di aver preso il ruolo degli Assisi: «Io sono subentrato nella posizione di Michael Assisi quando venne arrestato nel maggio 2017. Prendo il ruolo ad agosto: Patrick mi ha proposto di stare con lui in Brasile per fare da tramite. E quando sono tornato in Calabria nell’ottobre 2017 mi è stato chiesto di tornare perché la droga non arrivava a Gioia Tauro.
Quindi sono tornato in Brasile e abbiamo organizzato un carico da 50 chili di cocaina dal porto di Santos. Patrick aveva incaricato due ragazzi di Praia Grande, due sommozzatori, di fissare le borse con la cocaina alla griglia che si trova accanto alla chiglia. Ma loro utilizzarono due borse fosforescenti e quindi sono stati notati dalla polizia che ha sequestrato il carico. Da quel momento non sono andato più via dal Brasile».
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