“Pasolini. Sguardi d’archivio”: il volto di un mito in mostra a Roma
Dal 3 novembre 2025 a Roma, Spazio5 ospita la mostra “Pasolini. Sguardi d’archivio”, promossa da Identità Fotografiche, Quinta Dimensione APS e Italfoto. Scatti che restituiscono Pier Paolo Pasolini alla verità dei suoi giorni.
ROMA – C’è un modo per guardare Pasolini senza sovrapporgli le leggende, le polemiche, le interpretazioni? Forse sì: attraverso gli occhi di chi lo ha visto, davvero, e ne ha catturato la presenza fragile e implacabile. Dal 3 novembre 2025, lo spazio romano Spazio5 (via Crescenzio 99/d) ospiterà la mostra “Pasolini. Sguardi d’archivio”, un viaggio visivo che riporta l’autore nella sua carne e nella sua luce, nella quotidianità dei set, nelle piazze gremite, tra amici, tribunali e redazioni. Un percorso senza enfasi, ma con precisione e rispetto, dove la fotografia diventa testimonianza e respiro.
Realizzata da Identità Fotografiche e Quinta Dimensione APS, con immagini provenienti da archivi storici — Carlo Riccardi, Marcello Geppetti, Piero Ravagli, Vittorio La Verde, Mimmo Cattarinich, Ezio Vitale e Mario Bucciarelli — la mostra è un viaggio nel tempo che restituisce Pier Paolo Pasolini nella verità del suo sguardo, senza agiografie né veli. Non un mito, non un’icona, ma un corpo dentro la storia. “Pasolini. Sguardi d’archivio” è una mostra che scuote, perché sceglie la verità delle immagini invece della retorica dei ricordi. Tra negativi, provini d’epoca e scatti inediti, emerge un Pasolini reale: il regista che osserva il set, il poeta che attraversa Roma, l’intellettuale che affronta i processi, il polemista che sfida la folla. L’inaugurazione è prevista lunedì 3 novembre alle ore 18:30. L’ingresso è libero, dal lunedì al sabato, dalle 16 alle 20.
Mostra “Pasolini. Sguardi d’archivio”: Roma come teatro e ferita
Il racconto si apre con la Roma di Pasolini, quella delle borgate e dei lampioni bassi, delle strade ancora polverose dove il poeta trovava la sua verità. Seguono le immagini del lavoro, tra ciak e taccuini, le mani sporche d’inchiostro e di luce, e poi la sfera pubblica e quella privata, intrecciate come due vene dello stesso corpo. Chiude il percorso una sezione documentaria dedicata ai fatti del 2 novembre 1975, quando la vita di Pasolini si spezzò ma la sua voce continuò a risuonare.
Ogni fotografia porta con sé un tempo sospeso: il volto assorto sul set, lo sguardo che taglia la folla, la pausa tra due battute, la camicia sbottonata sotto il sole romano. Non c’è mitologia, solo presenza, solo fatti. E in quella sobrietà si svela la grandezza.
L’autore come principio di verità
Ogni fotografia è accompagnata da didascalie essenziali e autoriali: date, luoghi, firme. Perché, come ricorda Maurizio Riccardi, presidente di Identità Fotografiche, «senza autore non c’è fotografia. I nomi in didascalia non sono un optional, sono responsabilità e memoria». Un principio che guida l’intero allestimento: tornare alla filiera editoriale, alla tracciabilità, alla verità del mestiere. In un’epoca di immagini smarrite nel web, questa mostra chiede di riguardare, non solo di vedere.
“Pasolini. Sguardi d’archivio” è un atto di restituzione
“Pasolini. Sguardi d’archivio” è una mostra che non celebra, ma interroga. È un viaggio nel tempo e nella materia stessa dello sguardo, dove la fotografia diventa atto politico e poetico insieme. Tra le pareti di Spazio5, il passato non è nostalgia, ma una presenza viva, urgente: Pasolini ci fissa ancora, chiede di essere capito, non ricordato. Il regista, il poeta, il polemista, il viandante di una Roma che mutava: tutto converge in queste fotografie dove il tempo non cancella, ma trattiene. In ogni scatto, un frammento di verità: il Pasolini che ascolta, che ride, che si difende, che scrive. Un corpo nel mondo, un pensiero in cammino. E forse è proprio qui, tra la luce e l’argento, che Pasolini torna a parlare. In ogni scatto resta qualcosa che non si può archiviare: la luce di un uomo che continua a cercare verità, anche nell’ombra.
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