partito il presidio per chiedere la fine delle violenze in Palestina – Lavocedigenova.it
È iniziato alle 17,30 il presidio davanti alla Prefettura di Genova, nell’ambito della mobilitazione nazionale indetta dalla Cgil con lo slogan “Fermiamo la barbarie”, diffusa in tutta Italia per chiedere la fine della violenza in Palestina e sostenere la missione non violenta della Global Sumud Flotilla.
In piazza sono scese circa quattrocento persone tra lavoratori, studenti, pensionati, associazioni, artisti, intellettuali e giornalisti. Durante la manifestazione una delegazione è stata ricevuta in Prefettura per consegnare un documento con le richieste rivolte al Governo. Nella nota diffusa dalla Cgil nazionale si legge: “Non possiamo più accettare che vengano uccisi impunemente bambini, donne, operatori umanitari, sanitari e giornalisti e che continui la distruzione delle infrastrutture civili rimaste, a partire da ospedali e scuole”.
Alla mobilitazione genovese di oggi hanno dato la propria adesione l’Anpi Genova, Giuristi Democratici, Music for Peace, Legambiente Liguria, Libera Genova e Liguria, Acli Liguria, Arci, Rete Studenti Medi Liguria e Genova, Sinistra Universitaria Udu Genova, Auser Genova e Liguria, Coordinamento Democrazia Costituzionale, Emergency Genova, PD Genova, Sinistra italiana, Possibile, Circolo nuova ecologia Genova, Tavolo no AD, PSI genovese, Osservatorio the Weapon Watch oltre a partiti e movimenti politici locali.
“Oggi ci stiamo imbarcando virtualmente con la Flottilla, perché come Libera sentiamo il dovere di rappresentare, in ogni momento e in ogni manifestazione, i diritti umani – ha dichiarato Antonio Molari, referente di Libera Genova –. Quello che sta accadendo a Gaza è una situazione drammatica, e l’operazione in corso è un gesto di solidarietà internazionale che vuole portare aiuti a quella popolazione. Non è una provocazione: è semplicemente la volontà di sostenere un popolo che sta venendo distrutto da un’operazione di guerra infame“.
Chiara Volpato, presidente di Acli Liguria, ha aggiunto: “Il fatto che le ACLI siano presenti insieme a tante altre associazioni nasce dalla volontà di mandare un messaggio politico ai cittadini, ma soprattutto alle nostre istituzioni. La situazione in Palestina e in Israele è arrivata a un punto di non ritorno, e per questo la nostra presenza è fondamentale: testimoniare, dare voce e ribadire che non possiamo più voltare lo sguardo dall’altra parte. Speriamo di poter continuare a esserci, fino al giorno in cui questo problema finirà. L’auspicio è che si arrivi finalmente a una pace condivisa. Non so se sarà possibile parlare di due stati, e credo sia difficile pensare a uno stato unico, ma ragioniamoci insieme: basta guerre, basta distruzioni. Quello che serve adesso è arrivare davvero alla pace“.
Tanti gli interventi che si sono susseguiti anche dal palco, creato sopra un automezzo della Cgil, fino al momento in cui Igor Magni, segretario generale della Camera del lavoro di Genova, dopo aver consegnato il documento indirizzato a Meloni e Tajani, ha annunciato la proclamazione dello sciopero generale cittadino nel caso in cui la Global Sumud Flotilla venisse fermata.
“Genova è stato un epicentro importante – ha detto Stefano Rebora di Music For Peace, in collegamento -. Quello che è accaduto sabato scorso qui in città è un passaggio significativo che si sta ripercuotendo in tutta Italia. La Flottilla è in ritardo: partiremo fra un paio di giorni. Dalla Spagna sono già partiti, stiamo aspettando che si ricongiungano con la delegazione da Tunisi, per poi muoverci tutti insieme. Non dimenticate ciò che ho detto sabato scorso. La cosa più importante, per riuscire in questa impresa che non sarà facile, è il cittadino. Per la prima volta abbiamo assistito a qualcosa di diverso: non sono state tanto le sigle a portare la gente in piazza, ma è stata la gente a spingere le sigle a seguirla in piazza. Questo è un passaggio fondamentale. Mi sento di ringraziare la Cgil che, anche se sabato scorso non è riuscita a intervenire dal palco, è stata comunque una parte importante di ciò che è successo a Genova. E voglio ricordare una cosa che ho già detto in altre occasioni: basta pensare all’io, all’ego, al “io sono piccolo, cosa posso fare?”. Noi siamo tante piccole gocce, ma tutte insieme formiamo il mare. E il mare ha una forza dirompente. Dobbiamo riappropriarci di quelle parole che troppe volte abbiamo canticchiato senza più sentirne il vero significato: “el pueblo unido”. Quelle parole hanno un valore reale, e noi dobbiamo ricordarcelo. Quando sarà il momento, dovremo dimostrarlo. Sappiate che qualcosa succederà, perché lo sappiamo. E in quel momento dovrà essere la piazza a rispondere: dai bambini ai nonni, tutti insieme, pacificamente ed educatamente, ma con fermezza, per chiedere che gli aiuti arrivino a Gaza. Rompete l’embargo”.
“Ci sarebbe da stupirsi se non fossimo qui, perché tra i principi dell’ANPI ci sono la solidarietà e l’autodeterminazione dei popoli – ha aggiunto convintamente il presidente di Anpi Genova Massimo Bisca –. Quello che sta accadendo in Palestina rappresenta l’esatto contrario. Non parliamo di 700 giorni, ma di anni e anni di ingiustizie. L’ANPI ha sempre sviluppato la solidarietà. Non solo oggi raccogliendo aiuti umanitari, e sottolineo umanitari: medicine, cibo, beni di prima necessità, ma anche in passato, quando la mia generazione prendeva le botte davanti al consolato americano per difendere i vietnamiti. Oggi siamo qui per ribadire: libertà per il popolo palestinese. Non possiamo accettare che si consumi un massacro mentre, di fronte a dichiarazioni di circostanza che fanno quasi rabbia, mancano le reazioni adeguate da parte di chi governa. E parlo innanzitutto del nostro Paese, che finge di non vedere, o peggio, con un ministro degli Esteri capace di chiedersi come mai lì si muoia di fame, mentre la gente mangia una volta ogni cinque giorni. Intanto 17.000 bambini sono già morti. Io mi domando: perché esiste una solidarietà a due velocità? Se i bambini hanno i capelli biondi e gli occhi azzurri, allora ci si mobilita. Se invece hanno i ricci scuri e la pelle di un altro colore, ci si gira dall’altra parte. Questa è ipocrisia. Ecco perché l’ANPI è qui, ed è presente in ogni piazza in cui ci si batte per la libertà e per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Aveva ragione Papa Francesco quando diceva che la guerra ingrassa solo chi produce e vende le armi: tutti gli altri sono sconfitti, anche quelli che si considerano vincitori. Per questo andiamo avanti, continuiamo a sostenere chi lotta per la pace tra i popoli. E quelli che oggi sono su quelle barche, al contrario di quanto sostiene un cialtrone ministro israeliano, non sono terroristi: sono partigiani della pace. I terroristi siete voi“.