Papa Francesco, c’è il rischio di sepsi. Ecco che cos’è la rara complicazione che due anni fa aveva fatto temere il peggio per la popstar Madonna
Il Papa «non è fuori pericolo», ma «non è in pericolo di vita»: lo ha messo subito in chiaro il Professor Sergio Alfieri dell’équipe che ha in cura il Pontefice, nella conferenza stampa del 21 febbraio, tenuta insieme al Professor Luigi Carbone – medico del Vaticano – presso il Policlinico Gemelli di Roma.
Papa Francesco «sta come un signore di 88 anni che è entrato in ospedale con un’infezione ai polmoni», di cui per fortuna è stato possibile isolare i microorganismi. Sono presenti, ha specificato Alferi «molti miceti e batteri. E se uno di questi germi dovesse passare nel sangue si verificherebbe una sepsi, il vero rischio è questo». Al momento, però, l’infezione è solo nel polmone e per il momento è contenuta, ha specificato il Professor Carbone.
La sepsi – si legge su ISSsalute, il portale dell’Istituto Superiore di Sanità è una complicazione di un’infezione, accompagnata da un’infiammazione sistemica che può danneggiare vari organi pèrincipali, come cuore e polmoni. «Si tratta di una patologia che pone di fronte ad un quadro clinico molto rilevante», afferma il Dottor Roberto Prota, Direttore Pneumologia Ospedale Mauriziano di Torino e coordinatore della rete Pneumatologia del Piemonte. «Ovviamente – continua – la gravità dipende molto dal livello di compromissione degli organi, e, se una persona è già portatrice di patologie croniche, la sepsi rappresenta un evento clinico severo. Spesso è conseguenza di complicanze di polmoniti da infezioni, ma per fortuna non è un evento molto frequente».
Sepsi, come si riconoscono i sintomi?
In linea generale, «i sintomi e i segni clinici sono talmente rilevanti che diagnosi e conseguenti trattamenti sono praticamente scontati: febbre persistente, confusione mentale, debolezza, astenia, nausea, vomito», spiega lo specialista.
Al termine sepsi viene affiancato quello di setticemia: quest’ultima si riferisce solo all’invasione del sangue da parte di batteri, mentre la parola sepsi indica il «progressivo danno agli organi causato dalla risposta infiammatoria dell’organismo a una setticemia ma anche a un’infezione (batterica o raramente da funghi o virus) senza setticemia», come si specifica sul sito dell’ISS.
Quali sono le cure?
La sepsi, si legge ancora, «si cura con un supporto respiratorio, quando c’è una compromissione degli scambi respiratori, inoltre sostenendo il circolo perché molte volte l’infezione è accompagnata da un’ipovolemia, ovvero una diminuzione del volume del sangue circolante nell’organismo. È altresì necessario fare molta attenzione alla situazione cardiaca, e alla pressione sanguigna».
Il trattamento prevede, contestualmente, l’impiego di antibiotici, possibilmente mirati al tipo di agenti infettivi, e solo in alcune circostanze viene utilizzato anche il cortisone.
Importante la tempistica: «per trattare una sepsi è necessario intervenire entro le prime due o tre ore: la velocità delle cure è fondamentale perché la presentazione clinica più importante della sepsi è l’ipovolemia e si registra una pressione sanguigna che scende a livelli bassi molto velocemente».
Quando ha messo a rischio la vita di Madonna
Se riconosciuta e curata rapidamente, dalla sepsi si può guarire. Nel giugno del 2023, questa rara complicazione era salita alla ribalta per aver messo a rischio la vita della popstar Madonna, ricoverata in terapia intensiva dopo essere stata trovata priva di sensi nella sua abitazione. Per contrastarlo, i sanitari sarebbero stati costretti a iniettarle una dose di Narcan, un farmaco di sintesi antagonista degli stupefacenti, utilizzato spesso in caso di overdose per la sua capacità di bloccare l’azione degli oppioidi. In questo modo la cantante sarebbe stata letteralmente «riportata in vita».
Ben diverso il caso di Papa Francesco, che al Gemelli viene costantemente monitorato e sottoposto a controlli. Per il Santo Padre sarà necessaria almeno un’altra settimana di degenza, ha precisato il professor Alfieri, concludendo: «Lavoriamo per curare il paziente. La parte cronica resterà, ma la parte acuta sarà risolta».
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