Papa, alleluia e luci stroboscopiche: quando la fede chiede il bis

C’è qualcosa di profondamente rivelatore in certe cifre, più delle Sacre Scritture e dei sondaggi dell’ISTAT messi insieme. Due milioni e centomila persone si accalcano sulla spiaggia di Copacabana per Lady Gaga, mentre solo quattrocentomila (turisti inclusi, eh!) fanno capolino a Roma in una settimana per vedere Papa Francesco. A conti fatti, sembra che oggi sia più facile credere in una coreografia ben riuscita che nei misteri della fede.
Al Copacabana Palace di Rio de Janeiro, nella cui suite presidenziale la popstar ha posato le sue ali dorate, una camera standard costa quanto tre mesi di stipendio medio, ma si sa: il regno dei cieli è per gli umili, quello del pop per chi ha la carta di credito platino. Eppure, questa sproporzione nei numeri ci interroga (più dei sermoni domenicali): come mai la religione arranca e il divertimento galoppa?
Forse è ora di rivedere il marketing celeste. Perché non immaginare un Papa che entra sul sagrato con luci da stadio e una colonna sonora EDM? Le Messe potrebbero includere la “pausa applausi”, i cori potrebbero diventare cori da stadio, e il “Pace a voi” trasformarsi in un pogo mistico.
D’altronde, religione e spettacolo sono vecchi amici. Gli antichi greci lo sapevano bene: le Olimpiadi nascono come offerta agli dèi, con il bonus di qualche record mondiale. Il barone de Coubertin, quando resuscitò i Giochi nel 1896, aveva in mente un’idea quasi sacramentale dello sport. Non è un caso se oggi gli stadi hanno riti, icone e liturgie che farebbero impallidire certe cattedrali spopolate.
Anche la musica, con buona pace di chi la crede profana, ha il suo ruolo sacrale. Basta pensare alla risata pasquale, quando il prete, nel giorno più solenne dell’anno, si lasciava andare a battute da osteria per ricordare che il Cristo è risorto, sì, ma con una risatina maliziosa. Alcuni Land tedeschi mantengono ancora oggi questa antica tradizione, forse per sopravvivere al resto della settimana liturgica.
E che dire dei cantanti che si fanno il segno della croce prima del concerto? Gesto di fede o scaramanzia da palco? Difficile dirlo. Ma forse, più che preoccuparsi delle intenzioni, converrebbe sfruttare l’ispirazione: un palco con effetti speciali e una liturgia remixata potrebbe davvero riempire le chiese.
Ora che ci aspetta un nuovo Papa, la domanda resta: avrà il coraggio di mescolare incenso e laser, omelie e stand-up comedy, vangelo e dancefloor? In fondo, come diceva Sant’Agostino (più o meno): “Dio è ovunque. Anche in un sold-out.”
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