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Panahi, il regista iraniano dissidente premiato e l’appello per la libertà del suo Paese

“La cosa più importante è la libertà del nostro Paese. Credo che sia il momento per chiedere a tutti gli iraniani che sono nel mondo: mettiamo da parte problemi, le differenze”. Questo l’appello del regista dissidente iraniano Jafar Panahi dal palco del festival di Cannes, dove ha vinto la Palma d’Oro per il film A Simple Accident. Un appello del regista dissente iraniano che ha lasciato Teheran dopo anni di persecuzioni giudiziari è esploso nel paese che lo accolto ormai due anni fa.

Nel febbraio del 2023, dopo 7 mesi di detenzione e aver iniziato lo sciopero della fame, era stato scarcerato e, dopo due mesi, aveva lasciato l’Iran per andare in Francia e incontrare sua figlia. Era stato rimosso il divieto ad uscire dal Paese che era in vigore da 14 anni. “Il divieto è stato rimosso e finalmente facciamo un viaggio insieme per alcuni giorni” aveva fatto sapere su Instagram Tahereh Saeedi, la moglie del cineasta che ha accompagnato il messaggio. Il passaporto di Panahi era stato confiscato nel 2010 quando stava per recarsi a Parigi poco dopo l’inizio delle proteste del Movimento Verde contro la rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad in Iran.

Il regista ha subito diverse condanne con l’accusa di “propaganda contro il sistema” a causa del suo sostegno verso il movimento di protesta. Era stato arrestato nel luglio 2022 perché pendeva una condanna a 6 anni, con il divieto di lasciare il Paese e di girare film per 20 anni, risalente al 2011, quando era stato ritenuto colpevole di propaganda anti-governativa a causa della sua attività. Una condanna che, però, non era mai stata eseguita due estati fa, quando Panahi si era recato all’ufficio del procuratore di Teheran per chiedere informazioni sull’arresto di altri due registi iraniani, Mohamad Rasoulof e Mostafa al-Ahmad. È a quel punto che un giudice ha stabilito che la pena nei suoi confronti dovesse essere eseguita.

Uno degli ultimi film di Panahi, Gli orsi non esistono, in cui interpreta una versione romanzata di se stesso mentre gira un film lungo il confine tra Iran e Turchia, era stato presentato in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia del 2022, una settimana prima dell’inizio delle proteste in Iran. New York Times e Associated Press lo avevano messo in una lista dei dieci film più importanti dell’anno e il critico cinematografico Justin Chang del Los Angeles Times lo aveva definito il miglior film del 2022.


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