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Ora Trump spegne la “macchina woke”

Il presidente Donald Trump ha firmato un documento che ordina alla sua amministrazione di astenersi dall’acquistare “intelligenza artificiale woke”. Una mossa destinata a cambiare radicalmente il futuro tecnologico dell’America, in un momento in cui l’intelligenza artificiale sembra pronta a dominare il secolo. Il messaggio è chiaro: lo Stato federale premierà solo i modelli AI imparziali, neutrali e al servizio dell’interesse nazionale.

Ho seguito da vicino la nascita di quest’ordine. Insieme ai funzionari dell’amministrazione, incluso il nuovo “zar dell’AI” David Sacks, abbiamo lavorato per definire un problema inedito ma urgente: l’ideologizzazione dell’intelligenza artificiale. Dal caos seguito ai disordini del 2020, dopo la morte di George Floyd, l’opinione pubblica ha imparato a riconoscere i meccanismi della “cattura ideologica”: concetti come teoria critica della razza, ideologia transgender, DEI (Diversity, Equity, Inclusion) si infiltrano nelle istituzioni e ne minano l’efficienza. Trump ha capito prima di altri questo meccanismo e ha predisposto, fin dal primo giorno del suo secondo mandato, una serie di ordini esecutivi per smantellare la burocrazia DEI di Washington e tagliare i fondi ai contratti pubblici che promuovono ideologie woke. Ma la sfida dell’AI è un altro fronte. Qui siamo davanti a una tecnologia fluida, sperimentale, in rapida evoluzione. Serve una risposta nuova. Ed è in questo contesto che si muove Sacks, venture capitalist celebre nella Silicon Valley e ora punto di riferimento della Casa Bianca per AI e criptovalute.

Alcune settimane fa, mi ha posto una domanda cruciale: come si definisce una “AI woke?” E quali principi possiamo stabilire per evitare che il governo acquisti software ideologicamente distorti? Il punto di partenza è semplice ma spesso ignorato: ogni azienda che sviluppa intelligenza artificiale seleziona i valori da inserire nel codice. Non sono neutrali, mai. Per esempio, la società Anthropic ha pubblicato una “costituzione” che guida le risposte della sua AI e che include valori tratti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, ma anche dalla teoria critica della razza. Il risultato? Una delle AI più sbilanciate a sinistra oggi sul mercato.

Tutte le aziende tech, che lo dichiarino o no, inseriscono nei loro modelli un’impronta valoriale. Non si tratta di stabilire se un’AI abbia un orientamento ideologico, ma quale orientamento abbia. È qui che interviene l’ordine esecutivo di Trump: nessuna azienda sarà esclusa per i suoi principi, ma lo Stato federale farà affari solo con chi si impegna a costruire modelli “alla ricerca della verità” e “ideologicamente neutrali”.

Nessuna ambiguità: i contratti pubblici saranno preclusi a chi incorpora nei propri modelli concetti come teoria critica della razza, transgenderismo, bias inconscio, intersezionalità, razzismo sistemico, o pratiche discriminatorie su base razziale o sessuale. Un’intera visione del mondo viene così esclusa dalle forniture governative.

L’idea è strategica. Il governo federale è uno dei principali acquirenti di tecnologia al mondo. Le sue scelte orientano il mercato. Se stabilisce dei criteri per i contratti pubblici, avrà un peso enorme sul modo in cui l’intelligenza artificiale verrà sviluppata nel prossimo futuro. E quel futuro vale trilioni di dollari. Trump arriva con tempismo perfetto. L’AI è ancora agli albori. Nei prossimi quattro anni, chi scrive codice prenderà decisioni decisive. Da che parte si schiereranno? I modelli saranno allineati con un’agenda ideologica o con l’interesse nazionale americano?

Non è un dettaglio tecnico: è il cuore della battaglia per il controllo dell’informazione globale. Se davvero l’AI diventerà il filtro principale per la conoscenza umana, allora il conflitto fra modelli e fra Stati sarà durissimo. In gioco c’è la percezione stessa della realtà da parte di miliardi di persone. Con quest’ordine, Trump ha tracciato una linea netta. L’America investirà in AI “factual”, neutrale, patriottica. Le polemiche saranno furiose.

Ma Trump, Sacks e tutta la squadra AI della Casa Bianca hanno preso un vantaggio enorme. Hanno spostato l’asse dell’intelligenza artificiale fuori dal campo woke. E lo hanno fatto per costruire un futuro americano più libero, più vero e, soprattutto, meno manipolato.


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