ora quasi 1700 aziende puntano sulla multifunzionalità
Sono sempre più le imprese abruzzesi che scelgono di ampliare le proprie attività, affiancando alla produzione tradizionale nuovi servizi legati al turismo rurale, alla trasformazione dei prodotti e all’energia rinnovabile. Una tendenza che, secondo Cia Abruzzo, “rappresenta la chiave per affrontare le grandi sfide del comparto: cambiamenti climatici, spopolamento delle aree interne e innovazione tecnologica”.
In Abruzzo sono 1.695 le aziende agricole che svolgono anche attività connesse, pari al 3,8% del totale delle imprese del settore. Il dato, elaborato su base Istat (Censimento Agricoltura 2020) e divulgato da Openpolis, colloca la regione leggermente sotto la media nazionale (5,7%), ma conferma una dinamica di trasformazione ormai avviata.
Le attività più diffuse sono quelle agrituristiche (547 aziende), seguite dalla trasformazione di prodotti vegetali (267) e animali (237). In crescita anche la produzione di energia da fonti rinnovabili, praticata da 159 imprese, di cui la maggior parte (144) attraverso impianti fotovoltaici.
“La multifunzionalità è il futuro dell’agricoltura abruzzese – afferma Nicola Sichetti, presidente Cia Abruzzo – perché consente alle imprese di diversificare il reddito e rafforzare il legame con il territorio. L’agricoltore oggi non è solo produttore di cibo, ma anche custode del paesaggio, promotore di turismo e protagonista della transizione ecologica”.
A guidare questo cambiamento le province di Chieti con 540 aziende multifunzionali e di Teramo con 487 aziende attive, seguono L’Aquila (338) e Pescara (330). Il comune di Teramo è quello con il maggior numero di imprese agricole con attività connesse (46), mentre Anversa degli Abruzzi (L’Aquila) si distingue per l’incidenza più alta: qui la metà delle aziende agricole (50%) ha già adottato un approccio multifunzionale. Il fenomeno è particolarmente rilevante nei comuni cintura e intermedi, dove si concentrano oltre mille aziende, ma l’incidenza percentuale più elevata si registra nei territori ultraperiferici (5,8%), segno di un crescente ruolo dell’agricoltura come presidio economico e ambientale nelle aree più marginali.
Cia Abruzzo richiama però l’attenzione sulle difficoltà che ancora frenano la piena integrazione tra agricoltura e altre attività locali. “Nonostante la legge regionale 14/2015 abbia istituito i Distretti rurali, il processo di coordinamento tra imprese, enti e istituzioni resta in fase embrionale. Serve una governance territoriale più forte e strumenti mirati per accompagnare le aziende che vogliono innovare – aggiunge Sichetti – . Le attività connesse generano valore economico, ma anche sociale e ambientale. È il momento di fare sistema per trasformare queste esperienze isolate in un vero modello di sviluppo rurale”.
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