«Ora incontra il suo terzo tempo»
PESARO I cinquecento posti del Teknowool Rugby Park di Muraglia non sono stati sufficienti a contenere le oltre mille persone che hanno voluto partecipare alla celebrazione religiosa per rendere l’ultimo saluto a Luca Cardellini, il 23enne rugbista pesarese che ha perso la vita in un incidente rientrando a casa, all’Apsella di Montelabbate, a Pasqua, nella notte tra sabato e domenica. Assiepati lungo tutto il recinto del campo da rugby, hanno ascoltato in silenzio la messa officiata dall’arcivescovo Sandro Salvucci, ma quando il fratello di Luca, Giacomo, ha chiesto a tutti di rispondere all’ “hip hip per Luca”, «l’unico modo in cui si possa salutare un giocatore di rugby», quell’urrà si è propagato come un boato profondo che ha colto tutti alla sprovvista, colpiti da quella forza istintiva capace di rompere indugi e lasciarci sprovvisti di difese di fronte a un’emozione difficile da contenere con la certezza che quelle onde sonore saranno sicuramente giunte in cielo.
La bandiera
Intanto, la bandiera con i colori del rugby Pesaro che ricopriva tutta a tribunetta degli ospiti, sferzata dal vento, ricordava che in quei cento metri compresi tra due mete, si gioca con la palla ovale che, quando inizia a rimbalzare, la palla diventa imprevedibile come la vita, «perché la vita è bella – come ha detto monsignor Salvucci – e, anche se la partita finisce, rimane l’amore, la cura per gli altri, mentre tutto il resto si disperde». E quella cura per gli altri, che Luca ha espresso nella sua vita, ieri si vedeva tutta intorno a quel prato verde nei bambini e i loro genitori, negli amici e compagni di squadra, negli ex avversari venuti da tutte le Marche a donare le loro maglie, in quell’hurrà per Luca che ancora riecheggia nei cuori di ognuno.
L’omelia
«Vorrei essere essenziale – ha detto nella sua omelia l’arcivescovo Salvucci – perché le parole possono essere di troppo, mentre vorrei che ognuno potesse fare esperienza di una consolazione diversa di cui nessuna parola umana è capace, una consolazione come una carezza che viene dal Cristo risorto che ci dona la sua pace, che viene ad asciugare le nostre lacrime ci dice di non avere paura e di non angosciarci, di avere fiducia e di trovare pace nel cuore».
La lettura del Vangelo di Luca narra l’episodio dei due discepoli che discendono verso Emmaus ancora sconvolti per la morte violenta e tragica di Gesù: «Noi ora siamo come quei discepoli – ha commentato Monsignor Salvucci – siamo sconvolti dalla paura e ci chiediamo che senso ha la nostra vita e quale futuro ci aspetta, quando tutto sembra finire e nulla riesce a fare breccia nel nostro cuore. Ci vuole un po’ per entrare in nuovo ordine delle cose – ha aggiunto – per cambiare lo sguardo e la visione su quello che è accaduto e, forse, ci vorrà tanto tempo e il nostro cuore rimarrà sconvolto ancora a lungo, eppure, anche davanti a questo evento così tragico in un giorno che dovrebbe essere di festa come la Pasqua, dico che Luca, per come l’ho conosciuto dalle parole dei suoi cari, ha segnato la meta più importante della sua vita, anche se questa partita ai nostri occhi si è interrotta troppo presto, ed ora gioca il suo terzo tempo dove non ci sono vincitori né vinti e noi dobbiamo tenere lo sguardo verso la meta seguendo l’esempio che Luca ci ha dato nella sua vita e correre, co rrere per una corona che non appassisce mai perché è eterna».