Omnibus, la svolta soft dell’Europa sulla sostenibilità: meno reporting ma più rischi per i dati
Leader riconosciuta nella finanza sostenibile, l’Ue affronta oggi una svolta complessa. Con l’introduzione dell’Omnibus Simplification Package, il 2025 inaugura la riforma più significativa del Green Deal, che costringe a un bilancio tra semplificazione, ambizione e credibilità.
Il pacchetto Omnibus interviene su tre pilastri della regolamentazione Esg: la Tassonomia Ue, la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), con l’obiettivo di semplificare gli obblighi per le imprese. Purtroppo la semplificazione rischia di trasformarsi in un indebolimento della qualità e coerenza dei dati rendicontati.
Omnibus Package: cosa cambia
Le modifiche principali includono l’applicazione della CSRD solo a imprese con più di 1.000 dipendenti e specifiche soglie finanziarie, la limitazione delle richieste di dati alle piccole e medie imprese e ai fornitori extra-UE, e la restrizione della CSDDD ai soli fornitori di primo livello, eliminando responsabilità dirette e requisiti per i piani di transizione. In attesa dei negoziati tra le istituzioni europee sulla maggior parte delle modifiche, è già entrato in vigore il provvedimento legislativo “Stop-the-Clock” che posticipa di due anni l’applicazione della CSRD e della CSDDD per le imprese del secondo e terzo scaglione. L’intento di questa pausa normativa è guadagnare tempo per raggiungere un consenso politico sulle riforme più ampie.
Parallelamente, lo European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) è impegnato nella revisione degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), con l’obiettivo di affinare le soglie di materialità, semplificare il set informativo richiesto e rafforzare l’allineamento con gli standard internazionali.
Il rischio: frammentazione dei dati
Se da un lato l’alleggerimento degli oneri risponde alle crescenti difficoltà di compliance, dall’altro rischia di minare la coerenza e l’efficacia dell’intero impianto della finanza sostenibile europea. Le istituzioni finanziarie resteranno comunque vincolate da regolamenti come la SFDR, che richiedono la rendicontazione di indicatori ESG basati su dati aziendali solidi, comparabili e verificabili. Di conseguenza, anche se alcune imprese potrebbero non essere più obbligate a pubblicare determinate informazioni, saranno comunque sollecitate a fornirle per rispondere alle esigenze dei loro investitori, clienti o partner finanziari. In pratica, le imprese dovranno continuare a raccogliere e comunicare dati Esg ma in assenza di standard normativi univoci e armonizzati. In questo scenario gli obblighi informativi diventano più complessi da soddisfare, con un aumento del carico operativo e un rischio di frammentazione e incomparabilità dei dati, ridotta qualità informativa e minore trasparenza complessiva.
La Bce ha avvertito che un disallineamento normativo può generare lacune informative significative, compromettere la corretta valutazione dei rischi Esg fino a incidere sulla stabilità finanziaria. La Bce ha raccomandato quindi di mantenere gli obblighi di rendicontazione per le imprese con almeno 500 dipendenti, fondati su standard adeguati, proporzionati e armonizzati. Anche gli investitori istituzionali hanno espresso preoccupazioni sui vuoti informativi e sull’opacità di mercato che potrebbe derivarne.
Semplificare senza indebolire
Il quadro revisionato della sostenibilità dovrebbe perfezionare l’attuale normativa senza indebolirne l’efficacia, offrire strumenti proporzionati per le PMI, eliminare ridondanze nei requisiti e sfruttare soluzioni digitali per ridurre i costi. L’obiettivo resta un sistema robusto, trasparente e accessibile per tutti gli attori di mercato.
La continuità non basta
Nonostante questi rischi, la Commissione europea ha confermato il pieno proseguimento del Green Deal. Regolamenti chiave come SFDR e la MiFID II, che impongono alle istituzioni finanziarie responsabilità e trasparenza, restano in vigore.
Tuttavia, il contesto attuale richiede più della sola continuità. Se l’Europa vuole preservare la propria posizione, deve investire in modo strategico in maggiore chiarezza normativa, nella resilienza industriale e nello sviluppo di infrastrutture dati solide e affidabili. Una regolamentazione sbilanciata compromette le fondamenta su cui costruire la competitività futura dell’economia e della finanza europea, un prezzo che l’Europa non può permettersi.
*Research Analyst di MainStreet Partners
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