Friuli Venezia Giulia

Omicidio Gemona: morto Alessandro Venier


La compagna istiga, la mamma organizza, tutte e due assieme compiono il delitto. È la cronaca di quanto accaduto a Gemona nelle scorse settimane, con l’epilogo nella notte di venerdì 25 luglio, quando, come ha detto Lorena Venier, “abbiamo fatto qualcosa di mostruoso e abbiamo ucciso Alessandro”.

La ricostruzione del delitto

Alessandro Venier è stato sezionato – letteralmente, con un utensile per la legna – in tre pezzi. I suoi pezzi sono stati nascosti in un bidone nell’autorimessa della casa al civico 47 di via dei Lotti, nella borgata di Taboga, coperto di calce (comprata appositamente su Amazon alcuni giorni prima). È la ricostruzione su cui si fonda il quadro accusatorio messo a punto dal sostituto procuratore di Udine, Giorgio Milillo.

Tutto pianificato

La data dell’esecuzione era segnata sul calendario da diverse settimane, come riporta l’agenzia Ansa: sabato 26 luglio Venier si sarebbe trasferito definitivamente in Colombia, portandosi dietro la convivente Mailyn Castro Monsalvo e la loro bimba di sei mesi. Voleva fuggire in tempo dall’Italia prima che una condanna per lesioni personali gravi – risalente a molti anni fa, per un episodio extra familiare – diventasse definitiva, facendogli rischiare la detenzone e impedendogli così la possibilità di espatriare. 

Il terrore di madre e compagna

Secondo quanto ha riferito Lorena Venier, “la vita di Mailyn era in pericolo: o agivamo subito oppure all’estero, senza di me, l’avrebbe finita”. Le violenze sulla compagna, infatti, erano all’ordine del giorno. Venier sarebbe stato autore di pestaggi durissimi ai danni della compagna. 

L’idea

È stata Mailyn, quando ha capito che il processo di ritorno nel proprio Paese d’origine sarebbe stato irreversibile, a proporre l’azione criminale: “Dobbiamo ucciderlo prima” ha detto alla suocera, che così ha iniziato i preparativi del delitto, ben conscia delle difficoltà che ci sarebbero state anche per disfarsi del corpo, ma speranzosa di poter sfruttare come scusa per la scomparsa definitiva dalla circolazione del figlio il viaggio in Colombia, già annunciato agli amici.

L’ipotesi di reato è di omicidio pluriaggravato

La cronaca del delitto

La cronaca della notte degli orrori è iniziata con l’ennesimo alterco per la preparazione di cena e tavola, cui Venier come d’abitudine non ha partecipato. Così l’uomo si sarebbe scagliato contro la madre, rea di rifiutarsi di accompagnare lui e Consalvo all’aeroporto il giorno seguente. “Prima lo abbiamo narcotizzato con un farmaco sciolto in una limonata – ha spiegato Lorena Venier agli investigatori – ma era rimasto reattivo. Allora gli ho fatto un’iniezione di insulina, per evitare che si destasse e potesse reagire. Quando siamo state sicure che era in un sonno profondo, abbiamo provato a soffocarlo, solo che non ci siamo riuscite a mani nude. A quel punto Mailyn ha preso i lacci delle sue scarpe e lo ha finito”.

La convalida

Il Gip ha ascoltato le parole della donna e ha convalidato l’arresto, disponendo per lei la custodia cautelare in carcere. Per la nuora ha invece accolto la richiesta della difesa e l’ha posta all’Icam (Istituto a Custodia Attenuata per Madri) ospitato nel carcere femminile di Venezia: le sue condizioni psicofisiche per il momento impediscono il ricongiungimento con la figlia, che resta affidata ai Servizi sociali. Per la piccola c’è stata una vera mobilitazione con richieste di affido o adozione da tutta Italia. Non sarà necessario: i genitori e una sorella della 30enne colombiana si sono resi disponibili a prendersene cura.


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