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Omicidio di Serena Mollicone, la sorella Consuelo: «Papà oggi sarebbe contento. Vogliamo giustizia, ma quella vera»

«A volte penso a come sarebbe mia sorella Serena Mollicone oggi, se fosse ancora viva. La immagino sposata, con una bella famiglia e un lavoro che la soddisfa. Una donna realizzata, che ha completato gli studi e realizzato i suoi sogni». A parlare è Consuelo Mollicone, 52 anni, sorella della diciottenne scomparsa da Arce, in provincia di Frosinone, il primo giugno del 2001 e il cui corpo fu ritrovato due giorni dopo abbandonato sull’erba vicino a un mucchio di rifiuti nel bosco di Fonte Cupa. Serena fu trovata con le mani e i piedi legati, nastro adesivo a coprirle naso e bocca e un sacchetto in testa. Nei giorni scorsi, la Corte di Cassazione ha disposto un nuovo processo d’appello nei confronti delle persone accusate del delitto: l’ex comandante della caserma di Arce, Franco Mottola, sua moglie Anna Maria e il figlio Marco, che da anni si professano innocenti e sono stati assolti in primo e secondo grado. I giudici di Roma hanno, però, annullato la sentenza d’appello. Dopo ventiquattro anni, dunque, il processo dovrà ricominciare. «La decisione della Cassazione riapre un po’ la speranza che si faccia giustizia», dice Consuelo Mollicone, «è un passo importante. La Procura Generale ha fatto un grande lavoro, e anche i legali che hanno affiancato me e la mia famiglia in questi anni. Come diceva mio padre, non cerchiamo una qualunque forma di giustizia. Ma quella vera».

Serena Mollicone in braccio a suo padre Guglielmo

Serena Mollicone in braccio a suo padre Guglielmo

Vostro padre, Guglielmo Mollicone, non ha mai rinunciato a cercarla. Per anni ha lottato per scoprire la verità su quello che era successo a Serena.
«Era un uomo combattivo e determinato a portare avanti la sua battaglia, non si sarebbe mai arreso. Ha lottato fino alla fine per avere giustizia. Ma papà era anche un uomo buono e altruista, aiutava chiunque gli chiedesse una mano. Ad Arce era conosciuto da tutti, perché avevamo una cartoleria molto frequentata e perché era anche il maestro delle scuole elementari del paese. Nel negozio venivano a trovarlo i suoi ex alunni, ormai diventati adulti. Era colto, parlava latino e francese, suonava il pianoforte, adorava la musica, ascoltava Al Bano e Bocelli. Era stato in seminario, aveva preso il diploma magistrale e si era iscritto all’università a Roma. Ma non si è laureato perché, prima di discutere la tesi, si è innamorato di nostra madre, Bernardella. Lei è morta all’età di 36 anni, per un tumore. Io avevo sedici anni e Serena sei. Era piccola, papà le ha fatto anche da mamma. Non si è mai dato pace per quello che è accaduto a mia sorella, ha chiesto verità e giustizia fino al giorno della sua morte».

Papà Guglielmo subì anche il dolore di essere prelevato dai carabinieri in chiesa, durante la veglia funebre per sua figlia, e portato in caserma quasi fosse lui il colpevole.
«In quel momento non capivamo che cosa stesse accadendo. Non ci hanno lasciato piangere Serena in pace, cercavano in tutti i modi di incolparlo. Hanno iniziato con le perquisizioni a casa per cercare il telefonino di mia sorella che non si trovava, e che poi è ricomparso all’improvviso in un cassetto che i carabinieri avevano già controllato. Per la scomparsa di quel cellulare fecero anche il mio nome, ma io non ero ancora arrivata ad Arce. Da anni vivo lontana dal mio paese, insegno in una scuola in Lombardia».

Serena Mollicone con sua sorella Consuelo

Serena Mollicone con sua sorella Consuelo

Come ha saputo della morte di Serena?
«Mi telefonarono alcuni parenti. Mi dissero che mia sorella non si trovava. Mi chiesero se, per caso, fosse venuta a farmi una sorpresa, ma non era da lei fare una cosa del genere. Poi mi riferirono che era ricoverata in ospedale. Quando sono partita per tornare ad Arce, non immaginavo che fosse morta, che fosse stata uccisa».

Per il delitto fu accusato un carrozziere, Carmine Belli, poi assolto. Aveva raccontato ai carabinieri di avere visto Serena la mattina in cui scomparve e si ritrovò indagato.
«Era un ex alunno di papà. Ricordo che mio padre pensava che fosse coinvolto nella sparizione di mia sorella. Ma non c’entrava nulla. E noi abbiamo sempre cercato la verità. Spero che adesso, finalmente, si faccia giustizia. Lo merita mio padre, che anche dal letto dell’ospedale, mentre moriva, sperava di vedere chiusa questa storia. Lo merita, soprattutto, mia sorella, che avrebbe avuto diritto a vivere la sua vita ed essere felice».

Che ricordo ha di lei?
«Era una ragazza vivace, allegra, solare. Fin da bambina, metteva il buon umore a chi le stava vicino. Aveva gli occhi di mamma ed era buona come papà. Lui le aveva trasmesso la passione per lo studio – a scuola era bravissima, quando è sparita stava per diplomarsi – e l’amore per gli animali. Un giorno ha trovato per strada una cagnolina molto grande, un pastore maremmano e lo ha portato a casa per curarlo. L’aveva salvata e chiamata Bella. Poco tempo dopo, ha salvato un altro cucciolo, che era finito sotto una macchina. Lo ha portato dal veterinario, lo ha vegliato per intere notti finché non è guarito. Lo aveva chiamato Cucciolo, è morto qualche anno fa. Talvolta, diceva che avrebbe fatto la veterinaria. Ma amava la musica, suonava il clarinetto nella banda del paese. Negli ultimi mesi si era anche fidanzata con un ragazzo, andavano molto d’accordo, erano sereni insieme».

L’ultima volta che l’ha vista?
«A Pasqua del 2001. Tornai a casa per le vacanze. Poi è successo quello che nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare. Ce l’hanno portata via. Non l’ho mai sognata».


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