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Omicidio di Piersanti Mattarella, chi è l’ex poliziotto agli arresti: «Fece sparire il guanto del killer e continua a inquinare le indagini»

La Procura di Palermo accusa un ex poliziotto di depistaggio. Sono passati 45 anni dall’omicidio di Piersanti Mattarella. uno dei misteri d’Italia. Omicidi politici, depistaggi, tradimenti di Stato. Il caso di Mattarella ha in sé tutti questi elementi e questo lo accomuna ad alcuni fra i fatti più oscuri degli anni di piombo compresa la strage alla stazione di Bologna avvenuta appena 7 mesi dopo l’assassinio del Presidente della Regione Siciliana, ideale successore di Aldo Moro, che è stato ucciso a Palermo il 6 gennaio del 1980.

L’indagine fu «gravemente inquinata e compromessa dall’opera di appartenenti alle istituzioni, all’evidente fine di impedire l’identificazione degli autori dell’omicidio del presidente Mattarella» dicono ora i magistrati. Per il procuratore antimafia Maurizio De Lucia e i sostituti Antonio Charchietti e Francesca Dessì, l’allora funzionario della Squadra mobile, allora guidata da Bruno Contrada, Filippo Piritore, ha «affermato il falso e taciuto quanto a sua conoscenza». La Dia ha notificato la misura degli arresti domiciliari a Piritore, che è stato, nella sua carriera, questore a Caltanissetta, L’Aquila e Genova e prefetto di Isernia.

Al centro del mistero c’è una prova sparita: il guanto lasciato dal killer sull’auto usata per l’agguato al presidente della Regione siciliana. Era, secondo quanto detto in Parlamento dall’allora ministro dell’Interno Virginio Rognoni, «l’unico oggetto che potrebbe appartenere ai criminali». Per questo doveva essere preservato e invece sparì.

Il guanto di pelle marrone sarebbe passato dalle mani dell’ex poliziotto proprio quel sei gennaio. La Fiat 127 rubata utilizzata e abbandonata dagli assassini di Mattarella fu ritrovata un’ora dopo l’agguato. Davanti al sedile anteriore destro c’era il guanto. Agli atti risulta che fosse stato preso da un funzionario della Mobile e dato a una guardia in servizio presso la polizia scientifica, Giuseppe Di Natale, perché arrivasse al pm Pietro Grasso. Queste ultime due persone però negano che sia successo quanto detto. Non c’è atto che riporti sequestro e repertazione, è lontano da ogni prassi che un reperto vada dalla scientifica direttamente al pm. Di Natale ha detto di aver conosciuto solo di nome Piritore che ha invece confermato la sua versione riportata nei documenti dell’epoca.

La Procura ritiene false queste e altre dichiarazioni come quella secondo cui il guanto sarebbe andato a un collega, mai però identificato. Si parla di depistaggio, un depistaggio andato avanti per più di 40 anni. «A ben guardare il falso recapito al magistrato titolare delle indagini, attraverso un soggetto quasi sconosciuto ed estraneo ai circuiti investigativi (Di Natale), si è rivelato il modo ingannevole consono, forse l’unico, per la definitiva dispersione del reperto senza suscitare interrogativi di sorta… In definitiva, il sistema adottato generò una stasi investigativa a causa della quale il guanto venne definitivamente dimenticato».


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