Olio d’oliva, record di esportazioni verso gli Stati Uniti
L’olio d’oliva è sempre più ricercato nel mondo per le sue proprietà salutari ma dazi, caldo estremo e volatilità dei mercati influenzano l’andamento del comparto internazionale. In questo contesto le importazioni di olio degli Stati Uniti nel terzo trimestre hanno raggiunto livelli record, ma la crescita significativa riguarda anche l’Australia, Canada e Cina con incrementi rispettivamente superiori al 60%, al 50% e all’85%. Questi sono alcuni dei dati che emergono dall’Osservatorio sul mercato oleario internazionale di Certified Origins. Dal punto di vista produttivo, lo studio mette in luce una crescita produttiva dell’Italia stimata al +20%, grazie al traino delle regioni meridionali e il rallentamento della Spagna causato del caldo record e della siccità.
“I dati del trimestre confermano che gli Stati Uniti restano uno dei principali partner commerciali per i produttori di olio extravergine d’oliva”, illustra Giovanni Quaratesi, head of corporate global affairs di Certified Origins, “nonostante l’imposizione di dazi, negli Usa si rafforza la tendenza verso un’alimentazione più sana, sostenuta anche da iniziative pubbliche e civiche ispirate al messaggio ‘Make america healthy again’, in linea con politiche già adottate in Messico, nell’Unione Europea e nel Regno Unito, mirate a limitare il consumo di alimenti ultraprocessati e contrastare l’obesità infantile”. Gli Stati Uniti restano il principale mercato extra-Ue per l’olio d’oliva europeo, con importazioni stimate oltre le 181.000 tonnellate a metà 2025 e una crescita tra il 14% e il 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel solo mese di giugno le esportazioni hanno superato le 66.000 tonnellate, più del doppio rispetto allo stesso mese del 2024. Un risultato sicuramente influenzato dalle strategie di anticipo delle forniture da parte di catene distributive e operatori americani della grande distribuzione, che hanno intensificato gli acquisti per mitigare gli effetti dei dazi anche se le ripercussioni effettive di questi saranno più chiare solo nella parte finale dell’anno con i dati sulle vendite al dettaglio.
L’olio extravergine, continua Quaratesi, “è oggi presente in oltre la metà delle case statunitensi e la tendenza è in aumento. Non è ancora chiaro come i dazi potranno influenzare questo trend di crescita nei prossimi mesi, ma è importante ricordare che la produzione nazionale americana, concentrata in California, copre appena il 3% del fabbisogno interno, un dato che sottolinea la forte dipendenza del mercato dagli approvvigionamenti esteri”. Dopo gli Stati Uniti, tra i paesi più importante per le esportazioni europee, il Brasile registra circa 42.000 tonnellate di olio d’oliva importato e lo scorso marzo ha annunciato la rimozione dei dazi all’importazione del prodotto europeo. Altro mercato significativo è il Regno Unito, con oltre 23.600 tonnellate importate e un incremento annuale dell’1,8%.
L’attenzione dei principali esportatori europei però è anche sull’evoluzione dei fattori macroeconomici come il rallentamento della crescita economica globale, l’inflazione diffusa, la volatilità dei tassi di cambio e le politiche fiscali che incidono sui costi di produzione e sul potere d’acquisto di molti consumatori. L’andamento delle vendite a scaffale nei prossimi mesi servirà a valutare la capacità di tenuta della domanda nonostante il livello dei prezzi. Sul fronte produttivo invece l’attenzione è sulle condizioni climatiche estive che hanno inciso molto sull’Europa mediterranea, seppur in modo differenziato. In Italia si prevede una produzione di circa 300.000 tonnellate, con un incremento di quasi il 20% rispetto alla campagna 2024/2025, trainata dal Sud dove la siccità ha anticipato l’inizio della raccolta in alcune aree già da settembre mentre al Nord le piogge abbondanti e l’umidità hanno aumentato i rischi di infestazioni da mosche da frutta. In Spagna invece, il caldo record e la scarsità di precipitazioni hanno imposto una revisione delle stime, con un calo del 10% rispetto alle previsioni di inizio stagione che di fatto ha stabilizzano l’attuale campagna sui livelli di quella dell’anno scorso. Tra i paesi produttori mondiali poi, spicca sempre di più la Tunisia dove per quest’anno si prevede una produzione di circa 450.000 tonnellate.
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