Friuli Venezia Giulia

OGS di Trieste, nuova ricerca conferma danni per la biodiversità dalla pesca a strascico

06.08.2025 – 07.01 – La pesca a strascico danneggia interi ecosistemi, alterando con significative ripercussioni la biodiversità del mare. Sono alcune delle conclusioni che si possono trarre da un nuovo studio pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports realizzato dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS di Trieste e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – ISPRA.
La ricerca ha impiegato modelli statistici su dati acquisiti nel periodo compreso tra il 2014 e il 2020 in tre distinte sotto-regioni del Mediterraneo, identificate come il Mare Adriatico, il Mar Ionio e il Mar Mediterraneo Centrale, il Mar Tirreno e il Mar Mediterraneo Occidentale. Questo approccio ha consentito di isolare gli effetti della pesca a strascico da quelli legati ad altri elementi. Davide Agnetta, ricercatore presso la Sezione di Oceanografia dell’OGS e primo firmatario del lavoro, ha sottolineato a questo proposito la scarsità di valutazioni estese capaci di quantificare le variazioni della biodiversità in rapporto alle pressioni antropiche, nonostante la rilevanza del tema. Lo studioso ha aggiunto che gli studi pregressi sulla biodiversità del Mediterraneo hanno focalizzato l’attenzione su habitat costieri e comunità locali, caratterizzati da una base dati ristretta, mentre la presente indagine si caratterizza per un’estensione geografica ampia e l’adozione di protocolli di monitoraggio standardizzati.

Le analisi hanno fatto ricorso a dati in Open Access provenienti dal Joint Research Centre (JRC), il centro di ricerca comune della Commissione Europea, associati al programma Mediterranean International Trawl Survey, un’iniziativa internazionale per il monitoraggio scientifico delle risorse demersali del Mar Mediterraneo operativa dal 1994. Tali dati hanno permesso il calcolo di due indicatori di biodiversità: la diversità alfa, che rappresenta il numero effettivo di specie all’interno di una singola comunità, e la diversità beta, che misura le differenze nella composizione specifica tra comunità differenti. Modelli statistici hanno interpretato le variazioni di questi indicatori in relazione a variabili ambientali e all’intensità dello sforzo di pesca.

I risultati dimostrano che fattori ambientali, quali la profondità, la temperatura, la concentrazione di ossigeno o la natura del substrato, insieme a specifiche attività di pesca, esercitano influenze differenziate sulla biodiversità a seconda dell’area geografica considerata. La pesca a strascico di fondo manifesta un effetto deleterio sulla biodiversità in tutte le regioni esaminate, con conseguenze negative per le risorse ittiche disponibili. Le aree sottoposte a un minore impatto da strascico hanno rivelato valori superiori di diversità beta, segnalando una maggiore unicità e variabilità nella composizione delle comunità biologiche. Le analisi hanno rilevato una maggiore abbondanza di specie commerciali di interesse, come nasello, pagello e triglia, in queste zone meno ‘disturbate’.

È infatti noto che lo strascico di fondo provoca una riduzione nell’abbondanza e nelle dimensioni delle specie associate al fondale marino; i risultati ottenuti confermano tale fenomeno. In alcune aree soggette a elevata pressione di pesca, si osserva una maggiore abbondanza di piccoli pesci pelagici e cefalopodi, circostanza forse legata alla diminuzione dei predatori naturali. Lo studio evidenzia che specie sensibili, quali razze e squali, sebbene presenti in quantità modeste, risultano più frequenti nei siti meno disturbati. Queste osservazioni trovano un parallelo in ricerche condotte nel Mare del Nord, dove l’attività di pesca ha determinato un declino nelle popolazioni di specie caratterizzate da cicli vitali lunghi e da una vulnerabilità elevata allo sfruttamento.

[z.s.]




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