Oggi “Paranoid” dei Black Sabbath compie 55 anni

I Black Sabbath registrarono “Paranoid” in cinque giorni – moltissimi, considerando che il debutto era stato messo insieme in dodici ore effettive.
Quando uscì, nel settembre del 1970, la critica mainstream lo massacrò («troppo semplice», «roba da ragazzini» «rudimentale»), esattamente come era accaduto con il loro debutto.
Ma di nuovo il pubblico se ne infischiò e anzi, fu un successo ancora più clamoroso; “Black Sabbath” aveva acceso una miccia sorprendente, “Paranoid” sfondò gli argini e Ozzy Osbourne e i suoi diventarono un fenomeno, salendo fino al 12° posto in classifica negli Stati Uniti e al primo in UK.
Un responso di massa, perché con il suo suono cupo ed ossessivo (in questo, “Paranoid” tiene bene fede al suo titolo) il secondo album dei Black Sabbath rifletteva una quotidianità fatta di immagini atroci trasmesse dal Vietnam, di ansie nucleari da guerra fredda, esplosioni di tensioni razziali e sociali. Un caos al quale “Paranoid” non offriva vie alternative – era una brutale dose di realismo, evidentemente necessario dopo anni sognanti.
È una sensazione valida ancora oggi (purtroppo). Il silenzio tra un riff e l’altro di Tony Iommi tra i 53? e il 1’03″ di “War Pigs” sono proprio quello: attesa, psicosi, timore; il modo in cui la voce di Ozzy sputa fuori parole tra la sezione ritmica serrata e le saettate della chitarra in Paranoid sono un guazzabuglio riottoso tra i lacrimogeni; il grido trattato di “Iron Man” è l’urlo barbaro che si fa sempre più vicino alle mura della città, “Electric Funeral” è l’incedere pesante e metallico della fine.
Ed è proprio là dove quest’opera sembra prendersi una pausa da questo turbinio che i Black Sabbath affondano il colpo decisivo, tra l’alienazione romantica di “Planet Caravan”, che è un cul-de-sac mentale spinto dalle percussioni fluttuanti, e gli sfottò agli skinhead di “Fairies Wear Boot”s.
Si può parlare di “Paranoid” in termini di legacy, perché ha contribuito in maniera decisiva ad un nuovo, autonomo, linguaggio heavy, ma è difficile parlarne al passato, perché che l’orizzonte è ancora in fiamme e sempre più tetro.
Pubblicazione: 18 settembre 1970
Durata: 42:07
Dischi: 1
Tracce: 8
Genere: Heavy metal, Hard rock
Etichetta: Vertigo
Produttore: Rodger Bain
Registrazione: Regent Sound Studios ed Island Studios (Londra), 16-21 giugno 1970[5]
Tracklist:
War Pigs
Paranoid
Planet Caravan
Iron Man
Electric Funeral
Hand of Doom
Rat Salad
Fairies Wear Boots
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