Oceania 2, la recensione del film sequel: era già tutto previsto
Disney, abbiamo un problema: il solito. I sequel. A distanza di otto anni dal primo Oceania, si rivisitano le avventure di Vaiana con un film che, pur rispettando l’estetica e il cuore dell’originale, fatica a trovare una sua voce distintiva. Se il primo capitolo era un film fresco e ispirato sulla scoperta di sé e l’esplorazione, Oceania 2 si dimostra più cauto, finendo per ancorarsi troppo saldamente a schemi narrativi già collaudati. Insomma, era già tutto previsto, per dirla alla Cocciante.
La storia riprende tre anni dopo la precedente: Vaiana, ormai leader affermata della sua isola, intraprende un viaggio per salvare il suo popolo da una nuova minaccia, accompagnata da un equipaggio sgangherato e ancora una volta con l’aiuto del semidio istrionico Maui. Eppure la struttura narrativa ricalca fin troppo da vicino quella del primo film, con poche sorprese. Lo schema è lo stesso, e anche le dinamiche tra i personaggi principali, seppur ben scritte, non offrono evoluzioni significative; il viaggio, pur spettacolare, sembra un déjà-vu più che un’avventura inedita.
Dal punto di vista visivo, invece, Oceania 2 è un’opera di pregio: le animazioni raggiungono nuove vette di realismo, soprattutto nelle rappresentazioni del mare, protagonista visivo di rara bellezza (che voglia di buttarsi in acqua ti fa venire il film). Le luci, le rifrazioni, i colori che incantano, con ogni scena che è un piccolo quadro. E le musiche? Non memorabili come quelle del primo capitolo, ma fanno il loro lavoro in modo degno, aggiungendo pathos ed emotività al racconto.
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