Nuotava in provincia, ora è un faro della pubblicità web. “Vince chi va controcorrente”
Tema: la pubblicità online. Obiettivo: la trasparenza, cioè misurazione e ottimizzazione degli spazi nei quali l’advertising viene erogata, monitoraggio del contesto in cui si colloca e difesa dalle frodi sempre in agguato. Gli arnesi del mestiere di Elisa Lupo sono l’interconnessione con i social, una mole infinita di dati e l’uso via via crescente dell’AI. La manager guida la costola italiana di Integral Ad Science, compagnia hi-tech americana quotata in borsa, leader nell’analisi del valore dei posizionamenti pubblicitari digitali.
Savonese, 41 anni, ex nuotatrice in gare a livello europeo, allenata al metodo e alla disciplina, la manager è arrivata in Integral Ad Science nell’aprile del 2016 con una laurea in Lingue e comunicazione e dopo un decennio di esperienza nel digital advertising, per guidare l’Italia. Cinque anni più tardi la sua responsabilità si è estesa a Spagna e Portogallo. “Lavoriamo solo con grandi brand e top player del lusso, food e automotive, per contenuti e spot abbiamo accordi diretti in tutto il mondo, valutiamo l’efficienza della distribuzione delle campagne pubblicitarie e assicuriamo la reputazione del brand in termini di delivery”.
La ricerca di indipendenza e il desiderio di mettersi alla prova sono stati sempre per Elisa Lupo un chiodo fisso. Savona le stava stretta e con l’assenso dei genitori, lei figlia unica, è partita da sola per il Senegal. “Cose che fai a 20 anni o mai più. La mia famiglia che gestiva un’attività di import-export di pesce per grandi supermercati, aveva dei contatti con quel paese. Per la prima volta prendevo l’aereo. Lì ho visto come le persone vivessero di pesca ma in condizioni estreme: gli uomini uscivano in barca, in mare aperto, con ogni tempo, e nessuno di loro, proprio nessuno, sapeva nuotare. Io che avevo fatto nuoto a livello agonistico, mi dissi: devo insegnare a tutti a nuotare. Volevo salvarli”. All’università aveva studiato il francese e lo spagnolo. “Pensavo di andare a Londra per una specializzazione su Africa, Sud America e Medioriente. Mentre studiavo ho sempre lavorato, ho anche vissuto per periodi in Spagna a Valencia, per due anni durante il tirocinio ho insegnato italiano in scuole di lingue a delle hostess spagnole dell’Alitalia e poi davo lezioni nella fabbrica della Ford”.
La sua carriera nel mondo del digital advertising comincia in Vibrant Media, un’altra compagnia targata Usa con sede a Londra, dove per cinque anni svolge funzioni di business developement manager Italy & Spain. “Mi dava la possibilità di viaggiare, tra Madrid, Barcellona, Roma e Milano, e parlare con i maggiori brand locali e internazionali che investivano nell’online”. Dal dicembre 2011 Lupo è country manager per Exponential, azienda ancora una volta americana con base nella capitale inglese. “Mi proposero non solo di lanciare il prodotto ma anche di aprire uffici in Italia. Dopo un periodo in Uk, accettai di trasferirmi a Milano dove avrei dovuto partire da zero, trovare la base logistica, fare le prime assunzioni, studiare il posizionamento di prodotto. Avevo meno di 30 anni. Tanta responsabilità e incoscienza da parte mia. Una scommessa che ho voluto accettare anche perché ero nelle condizioni ideali: non avevo figli e una voglia incredibile di provare una cosa nuova. Sono stata una delle prime donne del mio settore a lanciare un’azienda tecnologica a Milano”.
Quando, dopo quattro anni, guardandosi un po’ in giro Elisa Lupo si è resa conto che il prodotto che vendeva non era più al passo con i tempi, non più così affine alle esigenze del mercato pubblicitario italiano, si è posta due alternative: accettare l’offerta di diventare country manager di una rivista legata al mondo femminile, oppure uscire dagli schemi e buttarsi in una software company tecnologica, tutti uomini e molto più senior di lei, e ricominciare da capo”. Sceglie la seconda e così approda alla Ias. “La sfida era pratica ma anche politica, perché ha rivoluzionato il modo in cui viene comprata la pubblicità digitale”. Avrebbe avuto un contratto di un anno e se funzionava l’avrebbero assunta. “Avevo chiesto consiglio a persone vicine al mercato con più esperienza di me, e mi sentivo dire lascia stare, non ce la farai mai. Allora ho accettato. Non sono un ingegnere e nemmeno un tecnico, mi occupo di commerciale e mi riesce bene”.
La strategia di Lupo in Ias è promuovere la trasparenza della compravendita di spazi promozionali e aiutare i brand ad acquistare in modo più efficiente e in base alla qualità. “Il danno di immagine può essere non quantificabile per un contenuto non appropriato ai valori del marchio”. Nel mondo 880 persone, 30 in Italia, 408 milioni di dollari a livello globale il conto Ias al 2024. “Siamo integrati con tutte le piattaforme tecnologiche, YouTube, Tik tok, Snapchat, e operiamo all’interno del contenitore come se fossimo un lenzuolo trasparente che avvolge tutte le immagini. Quotidianamente vediamo passare miliardi di dati, cataloghiamo e analizziamo: riusciamo a esaminare, fotogramma per fotogramma, tutto quello che viene trasmesso, l’audio, il video, la scritta in sovrimpressione. È come se ogni giorno riuscissimo a rivedere 50 anni di video. Lavoriamo con tanti brand di lusso che spendono milioni in pubblicità, quindi è molto importante essere in grado di riconoscere se quel logo è originale o contraffatto, oppure se stona rispetto a quello che lo spot vuole veicolare. Lo facciamo in 40 lingue. I soldi vengono investiti nell’online perché la tecnologia aiuta il marchio a posizionare il proprio prodotto, mentre gli investimenti pubblicitari nella carta stampata sono in declino. Controlliamo che non ci sia affollamento di inserzioni nella pagina, che lo spot sia contestualizzato bene con un racconto positivo o neutrale, non discriminatorio rispetto a quel brand. Al committente diciamo se quello spot ha avuto la possibilità di essere visto oppure no, se è stato guardato da un utente reale o da un robot, o se per problemi di connessione l’utente non si è collegato bene e per quanto tempo, se ha interagito con il mouse, se ha ingrandito l’immagine. Sappiamo che nel mondo on line ci sono tantissime truffe pubblicitarie. Prima di noi non c’era la trasparenza, non c’è nella carta stampata e nelle tv, soltanto in quelle connesse. Ora ci stiamo affacciando ai podcast e al retail media. Un altro mondo interessante è il gaming, la realtà aumentata, che offre più opportunità a un brand di fare arrivare il messaggio. Abbiamo lanciato l’azienda in un mercato particolarmente chiuso e siamo diventati una sorta di moneta nella pianificazione digitale”.
Ha un compagno inglese, Jean, che lavora nel coaching per un’azienda di Milano, e due figlie: nel luglio 2017 è nata Emily, nel 2021 Olivia. “Ero ancora partita Iva, senza contratto. A New York per presentare ai founder il piano di sviluppo dell’Italia, ero agitatissima. Non ho detto che ero incinta, l’hanno saputo il giorno dopo che è stato approvato il piano, avevo 33 anni. Dissi: tra sei mesi partorisco, non vi preoccupate, andrà tutto bene. Tra nausee, jet lag, ansia, lo rivelai a chi mi aveva ingaggiato e non vedeva l’ora di iscrivere l’azienda alla Camera di commercio. Lui si è alzato e mi ha abbracciato: questa è la cosa più bella che ti poteva capitare, ha detto. Anzi, ha aggiunto, acceleriamo così ti assumiamo e potrai godere di tutte le agevolazioni aziendali. Mi ricorderò per sempre il cambio di mentalità che questo ha generato in me. Mi ha spiazzato, mi ha fatto pensare che siamo noi donne a porci dei limiti mentali. Avevo passato delle ore terribili, non mi ero goduta il successo. Noi siamo le prime da cui deve partire questa nuova mentalità”.
Nel 2019 l’acquisto di Advantx, startup italiana dell’AI basata a Modena. A fine febbraio 2020 inizia l’epoca Covid, far avanzare il business da remoto, gestire il team, motivarli. “In quel periodo ho avuto paura per mia mamma Graziella, di dire alle persone che potevano perdere il lavoro, quando ho visto mia figlia che parlava con l’aspirapolvere ho pensato alle lacerazioni relazionali, ad altri bambini e in quali situazioni potevano vivere in casa. Ne siamo usciti senza riduzioni di organico, come invece è capitato ad altre aziende. Oggi, nonostante i tagli di budget, continuiamo ad avere lo stesso portafoglio clienti, anzi ad acquisirne di nuovi. Entro il 2026, il 90 per cento di quello che passa online sarà generato da AI, la sfida sarà di esser altrettanto veloci a intercettare questi contenuti e classificarli”.Nel nuoto si allena la sera, sua madre le dà una mano con le bambine, l’azienda le permette di essere flessibile.
Sul comodino ‘The diary of ceo. Le regole del comando’ di Steven Bartlett che nel suo podcast su Spotify intervista imprenditori e racconta come affrontare la quotidianità, a livello personale e lavorativo. “Siamo stati in Messico, andiamo spesso a Londra, le mie figlie sono bilingue e hanno passaporto inglese, il mio compagno ha origini angolane, l’idea è di andare in Angola il prossimo anno per conoscere alcune radici. Ho avuto la fortuna di trovare la strada, salvare il mondo è una cosa difficile. Ho una potenziale idea di business. Mi piacerebbe che l’apprendimento delle lingue fosse più accessibile per tutte le famiglie, non solo quelle benestanti; vorrei creare un progetto per abbinare educazione sportiva e studio delle lingue”.
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