Non tutto può essere venduto. Dobbiamo abbandonare il Pil
di Matteo Pagliuso
+0,5%. Ecco la crescita annuale dell’Italia nel 2024. Ne possiamo andare fieri? Cosa significa realmente la nozione di Pil? Prima cosa, dobbiamo capire da dove viene questo concetto, è un concetto recente, fatto all’incirca nel 1930, dopo le crisi del 1929 per capire come andava l’economia. Il Pil ci permette di capire la crescita economica del paese e anche se la ricchezza è aumentata o diminuita, senza però dirci di quant’è. Il Pil calcola l’intera produzione annuale di bene e servizi, però qua troviamo il primo limite del Pil.
In effetti il Pil ci dice quanto valore è stato creato in un determinato paese in un determinato arco di tempo, però parliamo del valore di mercato di una merce, e non del valore d’uso, ovvero di quanto è importante per il nostro benessere un oggetto. Per prendere un esempio, la vendita di un sacco di lusso che costerebbe 1000 euro genererebbe più valore che la vendita di una bottiglia d’acqua a 2 euro. Uno dei problemi del Pil, dunque, è che non calcola la necessità del bene, perché la bottiglia d’acqua a 2 euro è molto più importante, essendo un bene essenziale alla nostra sopravvivenza, che lo zaino di lusso, di cui potremmo fare a meno.
Un altro problema del Pil è che valuta solo ciò che è sul mercato. I due esempi precedenti sono cose valutate sul mercato, mentre se facciamo crescere qualcosa nel nostro orto, se ci prendiamo cura dei nostri cari, se andiamo a raccogliere rifiuti (come i mozziconi delle sigarette), queste cose non saranno valutate nel Pil, pur essendo beni e servizi che diamo alla comunità. Non si considera neanche l’ecosistema nel calcolo del Pil, pur essendo un elemento fondamentale.
Ha dunque un gran valore cercare una perpetua e continua crescita economica? Considerando che non tutti siamo ha parità, che alcuni, come Giovanni Ferrero, uomo più ricco d’Italia secondo Forbes, ha visto la sua fortuna aumentare di 5 miliardi tra il 2023-2024, possiamo sostenere che realmente ci sarebbe un “gocciolamento della ricchezza”, teoria classica dei neoliberali? Lo vediamo nei fatti che non c’è, non si può sostenere che ci sia un gocciolamento della ricchezza quando l’Istat ci dice che nel 2023 quasi 5,7 milioni di individui erano in uno stato di povertà assoluta in Italia. Il sogno neoliberista del gocciolamento dall’alto verso il basso non è realtà, vediamo oggi che l’1% dei più ricchi, secondo il rapporto Oxfam del 17 gennaio 2023, detiene il 63% dell’incremento della ricchezza mondiale, il mito neoliberista non è. I ricchi diventano sempre più ricchi mentre i poveri si impoveriscono sempre di più.
A questo punto, possiamo chiederci cosa dovremmo misurare se il Pil non è una metrica adeguata, ci sono delle alternative, come il Better Life Index, che calcola il benessere della gente su temi come l’ambiente, l’alloggio, le istituzioni, il lavoro etc… Tutti noi, penso, potremmo convenire che sono beni e servizi essenziali che incrementerebbero il nostro benessere, ben più chiari e completa che la nozione di Pil.
Non dobbiamo neanche adattarlo a nuovi calcoli, per esempio, non dobbiamo includere il lavoro delle api nel Pil, perché esso ha un valore molto più grande che non è calcolabile e che non dobbiamo cercare di rendere calcolabile. Non tutto può essere venduto, perciò, per alcune cose non dovremmo neanche tentare di metterci un prezzo. Dobbiamo abbandonare il Pil, definitivamente, come riferimento economico. Non dev’essere un fine il perseguimento infinito dell’accumulazione di denaro, per il semplice fatto che in una terra limitata, non si può consumare risorse come se fossero illimitate.
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