Umbria

“Non ho ucciso Hekuran e non avevo un coltello”


Nega di aver avuto un coltello con sé, di aver colpito a morte il 23enne Hekuran Cumani, afferma di aver lasciato il piazzale, sì dopo aver litigato, ma dove nessuno era stato colpito, tanto meno morto.

L’interrogatorio

“Non l’ho ucciso io e non avevo un coltello”. È questa la linea difensiva di Yassin Hassen Amri, 21 anni, di Ponte San Giovanni, arrestato con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato per la morte di Hekuran Cumani, il 23enne di Fabriano colpito con una coltellata al petto nella notte del 18 ottobre scorso, nel parcheggio della facoltà di Matematica di Perugia.

Amri, assistito dall’avvocato Vincenzo Bochicchio, è comparso questa mattina davanti al giudice per le indagini preliminari Valerio D’Andria per l’interrogatorio di garanzia. Davanti al gip e al pubblico ministero Gemma Miliani, il giovane ha negato ogni coinvolgimento diretto nella rissa finita nel sangue, sostenendo di essersi allontanato dal luogo dello scontro prima che avvenisse l’accoltellamento.

“Quando me ne sono andato – ha detto – non era morto nessuno. Non so cosa sia successo dopo”. Amri ha ammesso di aver raccolto da terra un coltello appartenente a un amico, il diciottenne arrestato nei giorni scorsi per porto di oggetti atti a offendere, ma ha insistito di averlo solo brandito “per spaventare gli altri”, negando di aver colpito qualcuno.

Le accuse e gli elementi dell’inchiesta

La versione fornita dal 21enne si scontra con le dichiarazioni di alcuni amici presenti quella notte, secondo i quali Amri avrebbe mostrato un coltello insanguinato dicendo di aver “bucato uno”. Secondo l’accusa, il giovane avrebbe poi tentato di disfarsi dei vestiti indossati durante la rissa – lasciandoli a casa di un’amica – e di eliminare il proprio telefono, gettandolo nel Tevere. Il coltello usato per colpire Cumani non è ancora stato ritrovato.

Il procuratore capo Raffaele Cantone ha definito gli elementi raccolti contro Amri “granitici”. L’arresto, scattato venerdì scorso, è stato motivato anche dal rischio di fuga e dall’eventualità di un ulteriore inquinamento probatorio. Gli investigatori della Squadra Mobile stanno analizzando i vestiti sequestrati e l’auto usata per la fuga, un’Audi A3, alla ricerca di tracce di sangue e profili genetici.

Le parole della difesa

L’avvocato Bochicchio, al termine dell’interrogatorio, non ha presentato istanze di revoca della misura cautelare, ma ha annunciato ricorso al Tribunale del Riesame, contestando la solidità delle prove. “Non tutti i testimoni riportano le dichiarazioni autoindizianti – ha spiegato – e la descrizione dell’autore materiale non coincide pienamente con quella del mio assistito”.

Il dolore della famiglia Cumani

A Fabriano, la famiglia della vittima vive nel silenzio. Il padre, giardiniere, e la madre, badante, hanno scelto di non rilasciare dichiarazioni sull’arresto, ma tramite i legali hanno fatto sapere di non nutrire sentimenti di vendetta. Nella rissa è rimasto gravemente ferito anche Samuele Cumani, il fratello minore di Hekuran, colpito da due fendenti e ricoverato con una gamba devastata: dovrà subire nuovi interventi chirurgici.

Un delitto nato da uno sfottò

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la tragedia sarebbe esplosa dopo uno sfottò calcistico rivolto a un gruppo di ragazzi perugini durante una serata al 100Dieci Cafè di via Pascoli. Le parole sarebbero bastate a far degenerare la lite in una violenta rissa, culminata con la coltellata mortale che ha trafitto il cuore e un polmone del 23enne di Fabriano.

Nelle ore successive all’arresto di Amri, sui social sono comparsi messaggi di solidarietà da parte di alcuni amici del giovane, con gli hashtag #freeyass e #freesimo, e anche frasi di rabbia e minaccia. Un clima che ha spinto gli inquirenti a mantenere alta la vigilanza, anche dopo l’incendio dell’auto del padre di un amico dell’indagato – episodio per ora senza collegamento diretto con l’omicidio.


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