“Non era pubblicità, ma libertà di espressione”
A distanza di sette anni, è arrivata la parola fine su uno dei casi più controversi legati alla comunicazione antiabortista nella Capitale.
Il cartellone esposto da Pro Vita & Famiglia Onlus nella vetrina della propria sede di viale Manzoni non andava rimosso, né sanzionato. A stabilirlo è stato il Giudice di Pace con una sentenza emessa il 7 aprile scorso, ora divenuta definitiva.
Era il 2018 quando il Comune di Roma, allora guidato da Virginia Raggi, aveva deciso di multare l’associazione per l’affissione di un manifesto che mostrava l’immagine stilizzata di un feto accompagnata da frasi che non lasciavano spazio a interpretazioni: “Tu eri così a 11 settimane”, “Il tuo cuore batteva già alla terza settimana”. Per l’amministrazione comunale, quei messaggi risultavano “lesivi delle libertà individuali e dei diritti civili”.

Ma secondo il giudice, l’affissione rientrava “nell’ambito della comunicazione sociale e culturale” e non era riconducibile ad attività di natura commerciale. Tradotto: libertà di espressione.
Niente sanzione, niente rimozione. Il diritto a manifestare il proprio pensiero, anche su temi divisivi come l’aborto, è stato ritenuto prevalente rispetto alle motivazioni addotte dal Comune.
Il pronunciamento ha subito scatenato la reazione dell’associazione, da anni attiva su tutto il territorio nazionale contro l’interruzione volontaria di gravidanza, la maternità surrogata e le unioni civili.
“Una sentenza di giustizia che restituisce verità e libertà – ha dichiarato il presidente Antonio Brandi – e che svela il volto ideologico delle censure che riceviamo dalle amministrazioni di sinistra. Non ci zittiranno. Continueremo a proclamare che ogni vita è sacra”.
Nel 2018 i cartelloni di Pro Vita avevano già generato ampie polemiche. Prima un maxi manifesto era stato rimosso su ordine del Comune, poi fioccarono sanzioni per circa 20mila euro totali. Ora però, quel gesto di protesta affisso su una vetrina ha ottenuto l’imprimatur della giustizia.
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