NIMBY: Barbarie, il nuovo disco come atto di resistenza
In copertina c’è un barbiere, ma sembra uscito da un incubo di Cronenberg più che da un salone di quartiere. Le sue forbici non servono a sistemare i capelli, servono a tagliare via la parte indomabile, quella che ancora pensa. È il nuovo sacerdote del controllo, un piccolo dio del conformismo. I NIMBY, invece, sono quelli che scappano dalla poltrona, lasciano metà testa rasata e vanno a suonare fuori, dove le regole non arrivano. Barbarie è il loro nuovo disco, “e non è una denuncia: è un atto di resistenza nel silenzio del mondo che si arrende”.
Sono in giro da 16 anni, ma non hanno mai smesso di vivere come se fosse il loro primo concerto. “Non ci chiediamo quale sia stato il nostro punto più alto – dicono – ci basta continuare a esserci. Per noi è importante suonare, creare, provare a decodificare il mondo con sincerità. Viviamo un’epoca di crisi delle intenzioni artistiche, e fare musica con onestà oggi significa essere, volenti o nolenti, militanti. Non per ideologia, ma per difendere un’idea di arte libera, capace di generare pensiero critico”.
C’è qualcosa di eroico in questa modestia: un’etica sotterranea… la fedeltà dei cani randagi. Hanno attraversato festival, aperture, centri sociali, teatri, e ora tornano con un disco che sembra scritto da chi ha guardato troppo a lungo nel buio e ha deciso di restituirgli il favore. Barbarie nasce nel tempo sospeso della pandemia, quando il mondo si è fermato ma la mente no. È figlio del disincanto, della Calabria, la loro terra d’origine, e di tutte le periferie mentali d’Italia.
“Nasce dal desiderio di cambiare il mondo e dall’impotenza che segue al non farlo. Poi ti chiedi: ‘E se fossi io a comandare?’. Ma è proprio questo il punto: non serve un comandante, serve imparare a guardarsi dentro. Se deleghiamo tutto all’uomo forte, al populista di turno, restiamo fermi al primo passo. Il secondo è capire che il potere va condiviso, non ceduto”.
Avatar apre come un pugno nel buio, segue Montevideo, ispirato alle Finzioni di Borges, che trasforma il disincanto in danza. Johnny Freak, titolo di dylandoghiana memoria abbraccia gli ultimi, mentre Plasma Denso cerca ossigeno in un mondo che non respira più; 3 ottobre, di cui presentiamo il video firmato dal regista Emanuele Spagnolo, contiene forse il messaggio più diretto del disco: “Fai attenzione, anche quando pensi di pensare bene”. È un album che odora di vita vera. “Noi veniamo da un’altra idea di alternativo, quella che ti lascia il fango addosso e dice: arrangiati”.
Dentro Barbarie c’è l’eco di una generazione che ha smesso di credere nel cambiamento, ma non riesce a smettere di cercarlo. In un mondo che idolatra la produttività, loro hanno scelto la fragilità. Il barbiere della copertina rappresenta il potere che modella le menti. I NIMBY gli oppongono i capelli lunghi, la disobbedienza, la barbarie come libertà primordiale. “Giocando sull’assonanza tra barbiere e barbari, abbiamo voluto dire che noi stiamo dall’altra parte, con i capelli lunghi e la testa libera”, dicono all’unisono.
È ironia, certo, ma dentro c’è un manifesto politico: non farsi normalizzare, non diventare docili. Ecco perché il disco non accarezza nessuno. Ti guarda e ti chiede: “E tu, a chi hai lasciato il rasoio?”. Perché la vera barbarie non è fuori: è quando lasci che le forbici taglino anche la tua testa, e non senti più nulla.
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