Nievo e Percoto, due giganti friulani che non si incontrarono mai
I due più grandi autori della letteratura italiana che ci ha regalato l’Ottocento in Friuli, Caterina Percoto e Ippolito Nievo, nonostante le numerose e autorevoli conoscenze comuni e l’appartenenza allo stesso genere narrativo allora di gran voga, la letteratura rusticale, con medesime e quasi obbligate letture, questi due veri monumenti delle lettere italiane – pare incredibile – non si incontrarono mai.
Pur conoscendo presumibilmente i rispettivi lavori letterari, pur collaborando in alcuni casi agli stessi giornali, e soprattutto facendo parte dello stesso piccolo mondo antico della nobiltà friulana, fra i voluminosi epistolari di Nievo e Percoto non c’è traccia di un incontro, di una sia pur fugace o episodica frequentazione. Lo attestano studiosi di vaglia come Adriana Chemello e Antonio Palermo, che hanno trovato un solo accenno indiretto negli epistolari: quando Ippolito Nievo, allarmato dalle condizioni di salute di Caterina Percoto, scrisse una lettera nel marzo 1859 alla mamma Adele Nievo Marin per avere notizie della Percoto.
Questa situazione non deve sorprendere più di un certo segno, soprattutto se si tengono presenti i diciannove anni di differenza d’età tra i due scrittori e l’isolamento, oltre che la riservatezza congenita, in cui Caterina Percoto, attorniata dai suoi contadini (la “contessa contadina” appunto, formula coniata felicemente da Pacifico Valussi), viveva a Soleschiano. Ma proprio per questo le convergenze e le affinità tematiche, soprattutto per quel che riguarda l’attenzione verso il contado e lo spirito patriottico che accomunava le loro battaglie, hanno qualcosa di imperdibile e straordinario. Pur con qualche, sempre sensibile, differenza.
Una stessa tensione civile animava le loro pagine, che virava verso un patriottismo garibaldino e generoso in Nievo (fino al sacrificio della vita, nella tragedia dell’“Ercole”, naufragato a poche miglia di distanza dal suo arrivo a Napoli), e più pacata ma non meno sofferta nella Percoto, che subì censure e forti limitazioni alla circolazione delle sue opere per le sue riconosciute simpatie risorgimentali. Un amore sincero verso il paesaggio e le tradizioni friulane, descritte con passione e precisione di dettaglio, offrendo al lettore italiano – che mai aveva varcato i suoi confini – scorci suggestivi e sconosciuti del Friuli e della Carnia.
Una sensibilità e un desiderio di conoscenza assolutamente non comune, e ben lontano dalle accademiche esercitazioni della stessa letteratura rusticale, verso il mondo povero della campagna, descritto scrupolosamente e con inedita partecipazione ed empatia, senza pietismi e lontano dalla retorica manzoniana degli “umili” salvati dalla Provvidenza. I popolani, i “sotans” del medio Friuli sanno reagire all’indifferenza e alle offese perpetrate dai potenti, li rincorrono per le strade di Cividale, li imbarazzano con il proprio corpo smagrito e affamato, fino a far loro buttare un tallero di elemosina, come nella novella percotiana Un episodio dell’anno della fame. Non parliamo poi di Nievo, che alternava all’azione del racconto campagnolo precise considerazioni politiche sulle condizioni socio economiche di quel quarto stato, che ne avrebbero favorito il definitivo riscatto (come in La nostra famiglia di campagna).
Occorre, secondo Nievo, alleviare la miseria dei contadini, «prima condizione per render l’educazione possibile», senza far ricorso a “missionari parolai”, ma ad “apostoli che (…) professino la scienza della vita e la religione della morale, non la dottrina dell’utile e la filosofia del tornaconto”. Solo a queste condizioni si poteva sperare di «avere un’Italia» attraverso una vera rivoluzione sociale, non solo politica, l’obiettivo più alto e nobile cui Nievo aspirava.
Potrà sembrare strano che in un mondo così invaso dall’ignoranza della storia, ci sia ogni anno a fine novembre e da sedici anni, un’occasione speciale per ricordare Ippolito Nievo, nel giorno dell’anniversario della sua nascita, chiamata “Sotto i cieli di Ippolito”, in una cornice unica, quella delle sale del Castello di Colloredo di Monte Albano, in una kermesse organizzata dal Comune. In occasione del suo compleanno, con il coordinamento di Vanni De Lucia, si avvicendano studiosi ed esperti di Ippolito Nievo e il suo tempo davanti ad un pubblico attento e partecipe, che non finisce mai di stupirsi per l’attualità del suo pensiero così fervido e generoso, così anticipatore e tanto ricco di giovanile leggerezza e suggestioni positive. —
Source link