Niente appello per il femminicidio di Giulia Cecchettin, l’ergastolo per Filippo Turetta è definitivo: cosa succede per lui adesso?
La condanna all’ergastolo di Filippo Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin è definitiva. Dopo la rinuncia da parte del giovane padovano, anche la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia ha deciso di rinunciare all’impugnazione contro la condanna all’ergastolo di Turetta. Il giovane, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò (Venezia), aveva scritto di suo pugno una lettera a Corte d’Assise, Procura generale, Procura ordinaria e Corte d’appello in cui affermava: «Accetto l’ergastolo, non chiedo attenuanti», rinunciando all’impugnazione proposta il 21 maggio. In un altro passaggio, il giovane aggiungeva di volersi «assumere la piena responsabilità» e di pentirsi «ogni giorno dal profondo del cuore».
Condanna all’ergastolo per Filippo Turetta che ha ucciso la ex fidanzata l’11 novembre del 2023. Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha cambiato la percezione nei confronti di abusi e violenze
La scelta della Procura
La Procura aveva fatto ricorso contro la sentenza di primo grado chiedendo il riconoscimento della crudeltà e dello stalking, escluse dalla Corte d’assise che il 3 dicembre 2024 ha comunque condannato Filippo Turetta all’ergastolo con l’aggravante della premeditazione.
La scelta della Procura è stata comunicata ai legali della famiglia di Giulia Cecchettin, gli avvocati Nicodemo Gentile, Piero Coluccio e Stefano Tigani. Questa decisione chiude la vicenda processuale.
Spiegano i legali di Giulia Cecchettin in una nota: «Una scelta che, a seguito della rinuncia all’appello da parte dell’imputato Filippo Turetta, riteniamo coerente, giusta e pienamente condivisibile. La rinuncia dell’imputato rende definitiva la sentenza di primo grado e cristallizza, senza più margini di dubbio, la sussistenza dell’aggravante della premeditazione: tra le circostanze più gravi e subdole previste dal nostro ordinamento. Un’aggravante che assume un significato ancora più drammatico in una vicenda omicidiaria caratterizzata, di fatto, da motivi abietti, arcaici e spregevoli, espressione di una visione distorta del legame affettivo e di un’idea di possesso che nulla ha a che fare con l’amore e il rispetto».
«La famiglia Cecchettin ha affrontato ogni fase del processo con dolore profondo, ma anche con straordinaria dignità. Oggi sente l’esigenza di voltare pagina, di interrompere quel circuito giudiziario che, inevitabilmente, continuava a riaprire la ferita. Con la definitiva affermazione delle gravissime responsabilità dell’imputato Filippo Turetta, resta ora un impegno essenziale: trasformare il dolore in consapevolezza, affinché la società – a partire dai più giovani – possa riconoscere, prevenire e contrastare le radici profonde della violenza di genere».
Turetta può uscire dal carcere?
Turetta è ora detenuto nel carcere di Montorio a Verona. Quella comminata a Filippo Turetta è la pena massima, l’ergastolo, il fine pena mai. Una pena attesa visto il quadro accusatorio. Il suo avvocato, al momento della sentenza, ha ribadito che «Filippo sa che dovrà passare buona parte della vita in carcere». Buona parte non significa tutta perché il sistema italiano della giustizia è rieducativo negli obiettivi. Esistono possibilità di lavorare, esistono permessi e si arriva a forme di libertà. Potrebbe avere la libertà condizionale a 48 anni dopo 26 di detenzione nel 2049. Il fine pena mai esiste solo per reati gravissimi di mafia o terrorismo.
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