New Bianchini :: Le Recensioni di OndaRock
Siete anche voi fra quelli che questo Natale 2024, visto come siamo messi, lo vivono come una sorta di allucinazione collettiva? Nemmeno io ho “voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade” e me ne starei “come una cosa posata in un angolo”, così diceva quel sommo poeta intanto che la gente seguitava ad ammazzarsi, aspettando che il mondo torni ad avere una parvenza di senso. Ma non si può. Chiudono i negozi, le cene aziendali si freddano, si scioglie anche la neve sintetica.
Eppure ho una buona notizia per noi, altro che oroscopi. Contro il logorio del White Christmas moderno, c’è Whitemary. Ci sono le sue non-canzoni “prese male su cassa in 4”, come le definisce lei stessa… Sono “New Bianchini”. Shot di canzoni che non sparano a salve e vanno “Giù per il tubo” digerente, volutamente strappati alla struttura di una narrazione formale e razionalmente significante. La cosa rilevante è la loro urgenza di calor freddo, di solitudine siderale e disincanto.
In questo spazio espressivo elegante dai contorni sfocati, Whitemary mette al centro il movimento secco con cui l’anima si distacca dalla dimensione del desiderio e si consegna risoluta a un proprio disgusto scentrato. Qui tutto è negazione, dubbio, assenza.
Dieci tracce di monologo interiore per pensare e ballare, in cui la dance diventa viaggio introspettivo ed esperienza sensoriale.
Si inizia, dunque. Fraseggi elettronici in tempi dispari racchiusi intorno a un impulso che rimane sottinteso. Quando il pezzo accelera, il cantato algido e smooth ti inchioda con un mantra di domande: “La sensazione è quella del tuo Corpo che si schianta / Contro un’anima di vetro / Corpi che si legano / Ho provato mai un amore caldo?” (“Amore caldo”).
In “Denso” un esordio balearico-minimal sfocia in armonie broken beat, i cui rivolti, nonostante l’eleganza, non danno conforto. Il testo gioca senza possibilità di appello la carta della sottrazione emotiva: “Lo senti mai mai mai mai/ Che siamo noi noi noi noi/ Che siamo dentro un movimento denso/ Esploderà mai mai mai mai”. Il punto interrogativo è scomparso, forse sottinteso. Alla peggio sostituito dal mai. Quanto vi è di amniotico è fuori, intorno ai corpi, e non è detto che questo cosmo di umori e di musica sia ordinato alla loro felicità.
È lo stesso materialismo ponderato, questione di metodo, che, a fine scaletta, quasi ci dà una chiave di interpretazione da riferire all’insieme: “Mi dispiace/ Tutto crolla e a me dispiace/ Ma tutto torna e poi mi sento in pace”.
Le dieci nuove non-canzoni di Whitemary (all’anagrafe Biancamaria Scoccia, per gli amici Bianchini) sono altrettante declinazioni di un sé al femminile intersezionalmente pensato.
L’attitudine a una “sperimentazione d’autrice” è quella che affonda le proprie radici nella sorellanza donna-macchina che da sempre ha risicato spazi al patriarcato tecnologico. Bianchini è un’altra delle coraggiose sperimentatrici che declinano la lezione delle “Sister With Transistors” in chiave pop. Da Laurie Anderson e Fever Ray fino a Nina Kraviz passando per Fka Twigs. Senza dimenticare la stessa Marie Davidson con cui Bianchini sta collaborando nell’ultimo periodo. È un mondo composito e la maturità artistica di Whitemary è ormai in grado di dialogare con un panorama internazionale.
Nell’identità Bianchini c’è però anche, per quanto stilizzata, scarnificata, rigorosamente decolorata, una componente cantautoriale che guarda ai brani più avventati e sperimentali di Cosmo e, per quella via, alle astrazioni pure del Battisti bianco, con il quale è evidente l’affinità cromatica elettiva del non colore come simbolo sinestetico dell’esplorazione intellettuale di sé. “Non riconosco più niente di me/ E la mia parte con il buio dov’è/ Dimenticarsi di se stessi non è/ Solo un’esercitazione/ Fa male essere te”.
Ne scaturisce un disco intenso, in cui la dimensione DIY è parte integrante della cifra espressiva e la sviluppa senza compromessi. Ci vuole un ascolto libero, ancor più che attento, per lasciarsi prendere dall’efficacia della sua poetica del frammento, dalla leggerezza della sua profondità. Tabula rasa al di là di ogni possibile cliché, su cui l’autrice, nerd indomita alla perenne ricerca del nocciolo della questione, ha ancora tante pagine da aggiungere. Bianche come neve sintetica.
16/12/2024