Società

Nessun compenso aggiuntivo per i corsi di sicurezza dei docenti, la Corte di Cassazione boccia ricorso: “Formazione rientra nell’orario ordinario”

La Corte di Cassazione ha posto la parola fine a una controversia lunga nove anni, respingendo definitivamente il ricorso di un docente di Terni che chiedeva il pagamento delle ore dedicate alla formazione sulla sicurezza.

La sezione civile della Suprema Corte, con ordinanza emessa alcune settimane fa, ha stabilito che i corsi di sicurezza rientrano pienamente nell’orario di lavoro del personale scolastico, senza diritto ad alcun compenso aggiuntivo.

La vicenda aveva origine nel 2016, quando il professore – titolare di contratto a tempo indeterminato presso un istituto superiore – aveva partecipato a un corso obbligatorio sulla sicurezza nei giorni 28, 29 e 30 giugno. Il docente aveva ritenuto che tale attività, svoltasi in orario pomeridiano durante la sospensione delle lezioni, dovesse essere considerata “extra rispetto a quelle contrattualmente previste” e quindi retribuita separatamente. A sostegno della propria tesi, aveva invocato l’articolo 30 del CCNL, sostenendo che la partecipazione al corso non rientrasse tra le attività funzionali all’insegnamento programmate nel piano annuale delle attività.

Il Tribunale del lavoro di Terni aveva inizialmente accolto le ragioni del ricorrente, stabilendo che le ore dedicate alla formazione dovessero qualificarsi come “ore di lavoro aggiuntive”, non essendo stata fornita la prova che tale attività fosse stata inserita nel piano annuale delle attività ulteriori rispetto alla didattica. Tuttavia, la Corte d’Appello di Perugia aveva ribaltato completamente la sentenza, escludendo che la frequenza al corso fosse avvenuta al di fuori dell’orario di servizio.

La formazione sulla sicurezza: obbligo per tutti i lavoratori

I giudici di secondo grado avevano precisato che “la partecipazione al corso in materia di salute e sicurezza doveva avvenire durante l’orario di lavoro e senza oneri economici per il lavoratore”. La Corte perugina aveva inoltre sottolineato come la scelta di organizzare la formazione nel mese di giugno fosse compatibile con il limite delle 18 ore settimanali previste per le attività di insegnamento, considerando che il docente non aveva dimostrato di aver già completato il monte ore previsto.

La Cassazione ha confermato questa impostazione, chiarendo definitivamente che i corsi sulla sicurezza costituiscono “un obbligo in capo a qualsiasi dipendente sia pubblico che privato”. La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui la formazione obbligatoria deve svolgersi durante l’orario di servizio, rispettando i limiti contrattuali stabiliti. Nel caso specifico, le 12 ore complessive di formazione non facevano superare il tetto delle 18 ore settimanali previste dalla contrattazione collettiva per le attività di insegnamento.

Condanna alle spese processuali: il docente paga 2.500 euro

La decisione della Cassazione ha comportato conseguenze economiche significative per il ricorrente. Il docente è stato infatti condannato al pagamento delle spese legali secondo il principio della soccombenza, per un importo complessivo di 2.500 euro. La Suprema Corte ha stabilito che “un eventuale riconoscimento di ore aggiuntive si sarebbe posto in aperto contrasto con la predetta norma primaria che stabilisce che la formazione (in materia di sicurezza e di salute) dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire durante l’orario di lavoro”.

La pronuncia consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la formazione sulla sicurezza rappresenta parte integrante dei doveri professionali del personale scolastico. La sentenza chiarisce definitivamente che le istituzioni educative non sono tenute a corrispondere compensi aggiuntivi per attività formative obbligatorie, purché queste si svolgano nel rispetto dei limiti orari stabiliti dai contratti nazionali.


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