Nessun allevamento in questa terra
A fine anno dovranno lasciare il podere di Isola, ad Ambra. I volontari e gli animali ospiti del rifugio Agripunk sono di nuovo sotto sfratto. Il tribunale di Arezzo, dopo un’udienza che si è tenuta lo scorso 4 luglio, ha emesso due sentenze riguardanti le cause civili promosse dalla contro l’associazione dai proprietari del terreno.
“La causa per morosità del 2024 – spiega l’associazione in una nota – è stata vinta grazie al mega recupero che ci ha consentito di pagare i canoni di affitto arretrati. Un risultato possibile grazie all’impegno straordinario di coloro che ci hanno sostenuto. Ma la causa precedente per fine locazione alla data del novembre 2021, vinta in prima istanza, purtroppo è stata persa dopo essere stata convertita in causa per risoluzione del contratto per inadempimento, per interpretazioni giuridiche a nostro avviso discutibili”.
A questo punto l’associazione ha tempo fino a fine anno, quando il podere verrà messo in vendita.
La sentenza e la posizione dell’associazione
Per quanto riguarda la sentenza i volontari sostengono che: “Il giudice non ha accolto l’interpretazione della nostra difesa circa la natura vessatoria della clausola contrattuale relativa agli obblighi di Agripunk: provvedere a costosi lavori di rimozione delle coperture in amianto e altre manutenzioni straordinarie. Questo perché il giudice ha equiparato a “commerciale” l’attività di Agripunk, ignorando completamente il nostro status di associazione onlus e negando la qualifica di persona fisica “consumatore” per la quale, in sentenze della Corte di Cassazione, è applicabile la clausola vessatoria”.
Le finalità di Agripunk e il timore per il futuro del podere
Alla preoccupazione per lo sfratto, si affianca anche il timore che il podere, dove fino ad oggi hanno trovato rifugio animali abbandonati o maltrattati, possa diventare sede di nuovi allevamenti.
“Agripunk onlus, da proprio statuto, cerca di attuare una riconversione da aziendale a sociale sperimentando la convivenza interspecie senza alcun interesse di profitto e proprio per questo soccombe al sistema industriale dello sfruttamento animale che ci vede come povere illuse che non producono nulla. Il rifugio dell’Isola è destinato così a ridiventare produttivo per nuove aziende, nuovi agriturismi, forse nuovi allevamenti?”
I volontari spiegano che “Non è facile rimanere, ma non lo è nemmeno fare i bagagli e traslocare, anche perché prima va trovato un posto idoneo e va garantita la cura nei confronti delle soggettività tutte che abitano il rifugio, ma anche di quelle soggettività che ruotano attorno ad esso e lo attraversano”.
Da qui un appello per le istituzioni: “Per questo motivo – si legge nella nota -, interessiamo ancora una volta il nostro Comune, gli altri Comuni interessati e la Regione Toscana alla nostra causa per continuare un’attività riconosciuta indispensabile per la nostra comunità di persone di varie specie, ma soprattutto per impedire categoricamente che qui possa riaprire un allevamento di qualsiasi tipologia; così come chiediamo l’aiuto e l’appoggio della comunità che attraversa questo spazio e la sostiene da anni, della comunità locale, delle associazioni, dei gruppi, delle collettive e delle persone tutte che hanno a cuore la nostra esistenza così come i vari enti e istituzioni che hanno riposto fiducia in noi e usufruito della nostra funzione sociale di accoglienza e cura. Abbiamo provato con il dialogo e con proposte, ma evidentemente, non avendo lo stesso potere economico e gli stessi privilegi riservati a chi sfrutta, l’unica maniera per farci ascoltare è quella di tornare ad essere quel bullone arrugginito che inceppa l’ingranaggio”.
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