Economia

Nepal, boom funivie: se ne costruiscono a decine. Nell’est scontri per la foresta sacra profanata

Nepal. Scoppia il caso funivie. Nel Paese himalaiano stanno letteralmente sbocciando come funghi. Un impianto in particolare, la cui nascita sta minacciando una foresta sacra, ha addirittura scatenato proteste di piazza cui la polizia ha risposto in modo violento.

Sviluppo turistico contro tutela dell’ambiente. Problema che affligge – seppure con modalità diverse tanto i grandi Paesi ad alto tenore economico e ad alto tasso di sviluppo, anche nel campo dell’ospitalità, quanto quelli che, per quanto distanti fisicamente e socioeconomicamente dalla cosiddetta civiltà, hanno saputo conquistarsi una posizione nella mappa globale del travelling. Emblematico il caso del Nepal, di per sé uno dei Paesi strutturalmente più remoti e meno accessibili del pianeta, eppure proprio per questo grande attrattiva, seppure di nicchia. Ma nell’era dei consumi e dei social media, l’espansione di mercato è quasi un must.

L’overtourism sul tetto del mondo

Per cui non c’è da stupirsi più di tanto se, in una terra amata da alpinisti, escursionisti e fan di una cultura e di una storia che di per sé evocano l’idea della lentezza, il dovere sociale di condivisione porti come conseguenza quantità e tipologie di ospiti che evocano una forma di turismo che chiede trasporti rapidi, lusso, un’infrastruttura di base che è intrinsecamente nemica della sostenibilità. E ancor meno sorprende, laddove persino l’Everest è diventato un caso da overtourism, che il trend si propaghi a quote – di altitudine e fama – più basse

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L’area investita dal fenomeno è quella orientale del Nepal. Si tratta del remoto distretto di Taplejung, da mesi dilaniato a causa di un progetto di funivia che minaccia una foresta sacra e l’intera economia della regione. All’inizio dell’anno, la disputa ha indotto violenti scontri, quando la polizia ha sparato proiettili veri contro i manifestanti ferocemente contrari al progetto, ferendo gravemente quattro persone.

Gli scontri con la polizia per la foresta sacra

La decisione dei manifestanti di revocare la protesta in cambio della sospensione dei lavori ha temporaneamente allentato la tensione. Ma nell’area il fuoco continua a covare, tanto che ieri sono rimaste ferite 14 persone, tra cui 11 membri delle forze di sicurezza. “Stavamo manifestando pacificamente quando i delinquenti brandivano kukri (grandi coltelli tradizionali nepalesi) e ci hanno attaccato”, dice Shree Linkhim Limbu, coordinatore del comitato di difesa del sito, determinato a continuare la sua lotta fino all’abbandono del progetto.

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Tutto è iniziato quando il ricco uomo d’affari Chandra Dhakal, presidente della Camera nazionale di commercio e industria e vicino al primo ministro KP Sharma Oli, ha annunciato, nel 2018, la costruzione di una funivia per salire al tempio di Pathibhara. Circa 300.000 persone visitano ogni anno questo luogo di pellegrinaggio indù, dopo diverse ore di cammino ai piedi dell’Himalaya. Il governo sostiene che il progetto, lungo 2,5 chilometri e costato 21 milioni di euro, aumenterà la frequentazione del tempio, con il massimo beneficio per l’economia locale. Lo descrive come un “progetto di orgoglio nazionale”.

A rischio habitat panda rosso, orso nero e leopardo delle nevi

Una definizione rifiutata con forza dalla popolazione locale, che teme i danni irreparabili che provicherà e ha già provocata alla natura, in particolare a una foresta che la comunità indigena Limbu considera sacra. “Questa non è altro che un’ingerenza diretta e brutale da parte dello Stato”, ha denunciato Shree Linkhim Limbu all’agenzia di stampa France Presse. “Come possiamo parlare di orgoglio nazionale quando lo Stato serve solo interessi particolari?”

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Lo Stato ha autorizzato il taglio di oltre 10.000 alberi nella foresta, che ospita specie animali in via di estinzione come il panda rosso, l’orso nero e l’elusivo e raro leopardo delle nevi. “Noi kirat (indigeni) adoriamo gli alberi, le pietre e tutti gli esseri viventi. Stanno massacrando la nostra fede”, ha detto Anil Subba, regista di uno spettacolo anti-funivia messo in scena per un mese nella capitale Kathmandu. La telecabina di Dhakal non piace neppure ai circa 500 facchini, venditori di tè e albergatori locali, che temono di vedere prosciugarsi il flusso dei loro clienti ambulanti. “Sono generazioni che trasportiamo i fedeli a Pathibhara”, ricorda uno di questi lavoratori, Chandra Tamang, 38 anni. “Se passano con la funivia sopra le nostre teste, come sopravviveremo?”

Favorevoli e contrari

Il fronte del rifiuto è però tutt’altro che unanime. “Porterà sviluppo qui”, giudica Kamala Devi Thapa, una residente di 45 anni, che sostiene che la funivia attirerà più “pellegrini più anziani” senza impedire ai più giovani o allenati di camminare.

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Negli ultimi tempi, gli impianti di risalita nel Nepal si sono moltiplicati. Cinque degli otto ad oggi in servizio sono stati costruiti negli ultimi due anni e altri dieci sono in costruzione. Molti portano la firma del gruppo Ime di Dhakal. L’obiettivo delle autorità è chiaro: rilanciare il settore del turismo che, secondo il World Travel and Tourism Council (Wctt), contribuisce per il 6% al prodotto interno lordo (PIL) di un paese in cui il tasso di disoccupazione è vicino al 10%. Al di là del progetto Pathibhara, è in gioco tutta la politica ambientale del governo, in un Paese coperto per il 45% da foreste. Secondo il ministero dell’Ambiente, 255.000 alberi saranno abbattuti nel 2024.

Il magnate delle funivie

“Il governo permette la deforestazione in nome dello sviluppo, ciò avrà conseguenze a lungo termine”, avverte Rajesh Rai, professore all’Università Tribhuvan di Kathmandu. Imperturbabile, il promotore della funivia assicura che il suo progetto creerà mille posti di lavoro e respinge ogni opposizione. “È solo un mezzo di trasporto, non influenzerà né l’ecologia né la cultura locale”, assicura Dhakal. “Se le persone possono sorvolare la regione in elicottero, perché non con la funivia? Inoltre, stiamo promuovendo l’energia pulita…”

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L’argomento lascia impassibile Kendra Singh Limbu, 79 anni. “Stiamo lottando per preservare il nostro patrimonio”, si scaglia questo primo oppositore, “e continueremo fino a quando il progetto non verrà annullato definitivamente”.

La comunità è ora divisa tra vecchi e giovani, nota Anand Gautam, giornalista locale. “Per alcuni significa progresso, per altri distruzione”


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