Cultura

Neffa – Canerandagio Parte 1

E’ dentro le liriche del primo minuto e mezzo dell’album tutto quello che dovremmo sapere del ritorno di Neffa al rap, in “Littlefunkyintro”, in cui il nostro mette in chiaro da subito il perimetro e ambizioni, stato d’animo e presenza: l’idea di essere diventato quasi suo malgrado un pioniere riconosciuto del genere in Italia, il confronto obbligato ma non così scontato coi 30 anni degli esordi che passano, e che come spesso cita, il ritorno del mood di quei dischi, primo fra tutti l’indimenticato esordio dei Sangue Misto, come se fosse quasi una colpa che sonorità di quel tipo rimangano ancora fresche e accattivanti, e come se il Neffa senile (“Sono senile ma se serve stile te ne caccio”) non potesse essere in grado di fare sentire nuovamente la sua voce.

Credit: Press

Si tratta di rivendicazione sì ma anche non così marcata, ma non solo, sono altri che gli tributano onori, non è una questione di mettere i puntini sulle i, ma appunto di rinnovare cercando di essere credibili, il senso di poter essere ancora creativi dentro un ambiente, quello del rap, diverso, completamente esploso, pieno di parassiti (“tutti quanti qui c’hanno il marketing/tutti qui fanno i crimini” da “Hype”), ma ancora possibile per assecondare le riflessioni più acute sul presente, libero da ogni speculazione e soprattutto libero dall’asfissia del successo, anche da adulti.

“Canerandagio Pt.1” risolve la questione di questi termini, e ci riporta Neffa ad un livello decisamente godibile di classe, gusto e groove, con una produzione stilosa che riprende certo l’essenzialità basic dei ritmi anni 90 innestandoli in quel liquido beat mainstream che la fa da padrone oggi (“Cuoreapezzi”, “Canerandagio” ma altre), scorrendo benissimo nella mezz’ora abbondante complessiva, con brani che se non eccellono per novità o dirompenza, si fanno tutti apprezzare per la loro sincerità e contributo all’insieme della percezione dell’album.

Il titolo fa capire che siamo sono agli inizi di questa ripresa, e questa è forse la chiave di lettura di un gruppo di canzoni, stringate nel minutaggio ed essenziali, dove alla fin fine non si rinuncia alla consueta infornata di collaborazioni, che quasi sempre in altri contesti cercano di pompare l’hype con l’autore, ma che qui sottendono, almeno così traspare, una certa riverenza ed un approccio autentico nel valorizzare il proprio intervento, con scelte per la maggior parte azzeccate: Noys Narcos fanno una cosa street potente in “TROPPAweed”, Guè e Joshua entrano morbidi e calzanti nella dolente “Cuoreapezzi”, soprattutto Fabri e Miss Keta fanno di “Hype” il vero pezzo super heavy rotation che prende da subito, gran hit.

Su tutto, il flow apparentemente distaccato e sobrio di Neffa, lucido nel dipingere il suo romanticismo fino alla fine delle stelle che si riescono a contare (“tuttelestelle che vuoi/ cadono stasera”), ma anche disincantato e cosciente di questo, dei suoni a cui appoggiarsi, di come stare attaccati al bene che c’è, alle persone che contano, alla musica che sappiamo fare ed ascoltare.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »