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‘Ndrangheta e voti, 10 anni di carcere in Appello per ex consigliere regionale Domenico Creazzo (Fdi)

L’ex consigliere regionale della Calabria Domenico Creazzo è stato condannato a 10 anni di carcere per scambio elettorale politico-mafioso. La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha ribaltato la sentenza di primo grado del processo “Eyphemos”, nato da un’inchiesta della Dda contro le cosche di ‘ndrangheta di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte.

Creazzo, nel febbraio 2023, era stato assolto ma quella sentenza è stata appellata dal procuratore aggiunto Stefano Musolino e dal pm Salvatore Rossello. La Corte d’Appello ha dato ragione alla Procura e, conclusa la nuova istruttoria dibattimentale, ha condannato Creazzo infliggendo la stessa pena anche a suo fratello Antonino, assolto pure lui nel primo processo. Secondo gli inquirenti, invece, era la “testa di ponte” tra la ‘ndrangheta e Domenico Creazzo. Quest’ultimo, finito ai domiciliari nel febbraio 2020, era stato eletto pochi giorni prima alle regionali con la lista di Fratelli d’Italia. Un tempo vicino al centrosinistra, a ridosso della tornata elettorale Creazzo si era spostato a destra e, prima di aderire al partito di Giorgia Meloni, stava trattando per una candidatura con la Lega.

All’epoca, inoltre, era ancora sindaco di Sant’Eufemia d’Aspromonte e, stando alle accuse della Dda, aveva accettato la promessa di procurargli voti da parte del boss Domenico Laurendi, imputato nel troncone ordinario e in attesa di un nuovo processo d’Appello dopo che la Cassazione ha annullato con rinvio la condanna a 19 anni. Il tramite tra l’esponente di Fratelli d’Italia e i clan sarebbe stato il fratello del consigliere regionale, Antonino Creazzo, in grado secondo gli inquirenti “di procacciare voti in cambio di favori e utilità, grazie alle sue aderenze con figure apicali della cosca Alvaro”.

Nell’inchiesta, infatti, sono emersi rapporti tra i Creazzo e Domenico Alvaro. Quest’ultimo, assolto in primo grado, era accusato anche di associazione a delinquere di stampo mafioso e ha rimediato la condanna più pesante: 20 anni e 6 mesi di carcere. Cosa ha convinto la Corte d’Appello, presieduta dal giudice Adriana Trapani, a riformare la sentenza del Tribunale di Palmi lo si scoprirà tra 90 giorni quando saranno depositate le motivazioni della condanna. Solo dopo, gli imputati potranno ricorrere in Cassazione.


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