Napoli e la Disneyficazione: la critica del Telegraph alla città partenopea | Il Fatto Quotidiano
“Puntellata da infiniti negozi di souvenir, pizzerie e bar, è una sfida percorrere via dei Tribunali, una delle strade più storiche di Napoli”. L’incipit del reportage del quotidiano britannico The Telegraph non lascia spazio a dubbi: la cosiddetta “disneyficazione” della città, sempre più iperturistica, si sta rivelando un autentico boomerang, minacciando l’identità secolare del centro storico e la vivibilità dei residenti. L’articolo inglese inserisce Napoli in una allarmante lista di città europee – come Venezia, Barcellona e Dubrovnik – ormai “in prima linea nella battaglia del turismo”, costrette a subire le pressioni di flussi sempre più massicci.
Le voci intervistate dipingono un quadro dalle tinte fosche, dove la città dei vicoli e della storia sta cedendo il passo alla logica del “parco a tema”. Il sociologo Francesco Calicchia è lapidario: “Il turismo sta uccidendo Napoli. Il centro storico è perduto, scomparso”. Una tesi ripresa con forza da Anna Fava, esperta di overtourism, che parla apertamente di un “processo di disneyficazione” in atto.
Le conseguenze dirette di questo boom, alimentato dai voli low cost e dalla popolarità su social e serie tv (da Gomorra a Mare Fuori e i romanzi di Elena Ferrante), sono drammatiche per il tessuto sociale, ad iniziare dagli sfratti ai residenti: secondo quanto si legge sul quotidiano britannico, i proprietari stanno cacciando via i loro inquilini per convertire gli appartamenti in redditizie attività su Airbnb, un fenomeno che ha causato un incremento del 40% degli affitti negli ultimi 10 anni. A rendere il quadro ancora più complesso è il fatto che sul business degli affitti, scrive The Telegraph, avrebbe messo le mani anche la camorra.
Neanche a dirlo poi, le botteghe tradizionali vengono “sostituite da ristoranti in fotocopia che sfornano pizze e servono limoncello”. Livia, 79 anni, racconta il centro storico come una zona ormai off limits per i napoletani stessi e la situazione è talmente grave che Ugo Rossi, professore di geografia economica, parla di una “minaccia esistenziale per i residenti, in grado di erodere un tessuto sociale che si è sviluppato nel corso di secoli erodendo la stessa identità di Napoli”.
Tuttavia, il reportage riconosce che il boom ha radici anche nella capacità della città di risolvere problemi storici (come la crisi dei rifiuti) e che “sebbene i membri della camorra continuino a spararsi e accoltellarsi a vicenda in sanguinose vendette, il livello generale di criminalità è diminuito”. Non mancano, inoltre, le voci ottimiste tra i napoletani, quelle che temono di “uccidere la gallina dalle uova d’oro“, come Vito, barista: “Napoli sta cambiando e il turismo ci sta portando grandi benefici”, dice. E il tassista Antonio, 55 anni, aggiunge: “Così tanta gente fa bene alla città, il turismo è l’unico settore economico florido”. Di fronte a questa pressione, il sindaco Gaetano Manfredi, che ha rifiutato un’intervista con l’inviato, ha incaricato l’assessora al turismo Teresa Armato di intervenire. L’assessora dichiara che si stanno “monitorando” gli affitti a breve termine e sono in via di adozione “misure per riservare alcune case popolari a gruppi a basso reddito come gli studenti”.
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