Morti sul lavoro, i numeri veri. Italia sopra media Ue. Ecco i settori più a rischio
Il dramma dei morti sul lavoro è ancora purtroppo di attualità in Italia. Questa nota chiarisce quante persone sono morte sul lavoro negli ultimi anni, confrontando l’Italia con gli altri Paesi europei.
La situazione in Italia
Quando avviene un decesso sul lavoro, il datore è tenuto a denunciarlo all’Istituto Nazionale contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), che assicura “tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro”.
Sono assicurati anche i decessi “in itinere”, ossia avvenuti nel tragitto casa-lavoro.
Quando si parla di morti sul lavoro, i media tendono a riportare il numero di denunce. Solo una parte delle denunce viene però riconosciuta dall’INAIL e indennizzata. Per completezza, riportiamo quindi sia le denunce totali che quelle riconosciute.
Il quadro sul 2023
Nel 2023, i decessi denunciati all’INAIL sono stati 1187, di cui 612 (il 57%) sono stati riconosciuti. Per il 2024 sono disponibili solo i dati provvisori delle denunce totali (1077), così come per i primi quattro mesi del 2025: 286 denunce contro le 265 dello stesso periodo nel 2024.

Dal 2008 al 2023 il numero di decessi è diminuito, sia per le denunce (1624 nel 2008, 1187 nel 2023), sia per i casi riconosciuti (1110 nel 2008, 696 nel 2023) (Fig.1). Il calo è però da attribuirsi interamente al periodo tra il 2008 e il 2014. Dal 2014 al 2019 il numero di decessi è rimasto sostanzialmente stabile, fino al picco del 2020, dovuto ai contagi da Covid avvenuti sul lavoro, inclusi nelle statistiche. Successivamente il dato è sceso, ma le denunce del 2023 sono state circa le stesse del 2014. Il confronto migliora guardando ai soli casi riconosciuti (739 nel 2014, 612 nel 2023), ma i dati degli ultimi anni probabilmente verranno rivisti al rialzo (come avvenuto in passato), sia per le denunce totali che per quelle riconosciute. Ciò detto, il dato provvisorio per il 2024 suggerirebbe un calo significativo (1087 morti, l’8,4% in meno).
L’andamento negli ultimi 15 anni
La traiettoria dei decessi ogni 100.000 occupati è leggermente migliore: il calo è marcato dal 2008 (7 i denunciati, 4,8 i riconosciuti) al 2014 (5,4 i denunciati, 3,4 i riconosciuti), mentre nel 2022 (5,5 denunciati, 3 riconosciuti) la situazione era analoga a 8 anni prima. Nel 2023 il numero è sceso molto (5 denunciati, di cui 2,6 riconosciuti), calo confermato dal dato provvisorio del 2024 (4,5 denunciati). Come detto sopra, il dato verrà però probabilmente rivisto al rialzo in futuro.
Nel lungo periodo, per il quale sono disponibili soltanto i dati dei casi riconosciuti, il miglioramento è stato notevole: si è passati da una media, negli anni ’60, di oltre 20 morti ogni 100.000 occupati, a 10 negli anni ’80, 8 nei ’90, 6 negli anni 2000 e 3,6 negli anni 2010 (Fig.2).

I dati finora riportati includono anche i decessi in itinere, che sono stati circa un quarto di quelli totali nel 2008-2024. Escludendoli, cambiano i livelli ma la tendenza resta la stessa (4,1 denunciati di cui 2,5 riconosciuti nel 2014 contro 4,1 denunciati di cui 2,2 riconosciuti nel 2023) (Fig.3). Nel 2023 (3,8 denunciati di cui 2 riconosciuti) e nel 2024 (3,3 denunciati) c’è stato un miglioramento, ma, anche in questo caso, resta da vedere se i dati saranno confermati.
Agricoltura, edilizia e trasporti i settori più a rischio
I decessi, al netto di quelli in itinere, avvengono con frequenza molto più alta in tre settori: agricoltura (nel 2023, 15,7 denunciati ogni 100.000 occupati, di cui 9 riconosciuti), edilizia (12,4 denunciati, 9,2 riconosciuti) e trasporti (tassisti, camionisti, ecc.), a causa degli incidenti stradali (11,1 denunciati, 4,7 riconosciuti). I valori sono molto più bassi per la manifattura e le altre attività industriali (3,1 denunciati, 1,7 riconosciuti) e nel restante, ossia i servizi (0,9 denunciati, 0,8 riconosciuti).

La mortalità è più elevata nelle piccole imprese (tra 10 e 49 occupati): nel 2022, ultimo anno disponibile, era di 3 ogni 100.000 occupati. Per le medie (tra 50 e 249 occupati) era di 2,5 e per le micro (fino a 9 dipendenti) di 2,2. Nelle grandi imprese (più di 250 occupati) i decessi sono stati molti meno: 1,1 ogni 100.000 occupati.
I dati disponibili non consentono di chiarire se i decessi siano influenzati dal numero di aziende ispezionate dall’Ispettorato del Lavoro (INL) in materia di sicurezza. Le ispezioni sono diminuite tra il 2012 e il 2019, ma, dopo l’ulteriore riduzione durante gli anni Covid, c’è stata una forte ripresa nel 2024, con il record storico di aziende ispezionate (46.985) (Fig. 3). Una singola osservazione non consente di trarre conclusioni, ma a questo aumento ha corrisposto il numero di denunce, pur provvisorio, più basso di sempre. Le maggiori ispezioni sono probabilmente dovute al potenziamento dell’organico dell’INL dedicato alla sicurezza, passato da 215 unità nel 2022 a quasi 900 negli ultimi due anni.
Il confronto con gli altri Paesi dell’Unione Europea

La definizione Eurostat di decesso sul lavoro esclude sia i casi in itinere che quelli non indennizzati. Il numero, espresso ogni 100.000 occupati, è aggiustato per tenere conto delle diverse strutture produttive dei Paesi.
Dal 2010 al 2022 (ultimo dato disponibile), l’Italia ha sempre avuto un numero di morti sul lavoro più alto della media UE, anche se il divario si è ridotto negli anni (Fig. 4). Il maggior divario nel biennio 2020-21 è dovuta al fatto che, al contrario dell’Italia, quasi tutti i Paesi non hanno conteggiato i morti di Covid come avvenuti sul lavoro. L’Italia è però il Paese “mediano”, con 13 Paesi meglio posizionati e 13 peggio.
Tra i Paesi più avanzati, nel 2022 la frequenza di decessi di Spagna, Portogallo, Lussemburgo e Francia era più alta rispetto all’Italia (Fig.5), anche se il dato francese è da prendere con le pinze per questioni statistiche: ogni infortunio avvenuto a lavoro, a prescindere dalla causa, è considerato infortunio sul lavoro; spetta al datore provare che l’infortunio non sia avvenuto sul lavoro. Di conseguenza, il dato tende ad essere molto alto.

Fanno meglio dell’Italia invece gli altri Paesi avanzati (tra i migliori ci sono Paesi Bassi e Germania, con un’incidenza che è, rispettivamente, un quinto e due quinti di quella italiana), ma anche Slovenia, Ungheria, Slovacchia e Polonia. Tuttavia, tra i Paesi con un numero più basso dell’Italia, alcuni (Ungheria, Belgio, Slovacchia, Polonia e Paesi Bassi) non includono i lavoratori autonomi nelle statistiche, e Slovenia e Paesi Bassi non conteggiano gli incidenti stradali avvenuti lavorando, escludendo di fatto il settore dei trasporti, che è ad alto rischio.
Escludendo i trasporti dalle statistiche di tutti i Paesi, la posizione dell’Italia migliora, con 0,9 morti ogni 100.000 abitanti nel 2022, meno della media UE di 1,3 (Fig. 6). L’Italia si colloca in posizione mediana rispetto ai Paesi dell’Europa occidentale, risultando meglio, tra gli altri, di Spagna, Portogallo, Lussemburgo e Francia (tenendo a mente la particolarità statistica di quest’ultima), ma peggio di Danimarca, Finlandia, Grecia, Germania, Svezia, Paesi Bassi e Irlanda.

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