Morti sul lavoro: ancora numeri drammatici per l’Umbria che staziona in zona rossa
Nel primo semestre del 2025 il dramma delle morti sul lavoro conferma per l’Umbria il triste primato degli ultimi anni, in un quadro nazionale che, secondo i dati dell’Osservatorio Sicurezza sul lavoro Vega Engineering di Mestre, vede 502 decessi totali nei primi sei mesi dell’anno, pari a un incremento del 7% rispetto al 2024. Di questi, 362 sono avvenuti in occasione di lavoro e 140 in itinere.
Se si guarda al dato regionale, l’Umbria registra 10 morti in occasione di lavoro, un numero allineato ad alcuni regioni quali Liguria, Abruzzo e Calabria, ma superiore ad altre quali Basilicata, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Molise e Valle d’Aosta. Questo colloca l’Umbria in “zona rossa”, cioè tra le sette regioni italiane in cui il rischio di mortalità sul lavoro è superiore del 25% rispetto alla media nazionale, fissata a 15,1 morti ogni milione di occupati. In zona rossa, insieme all’Umbria, ci sono anche Basilicata, Trentino-Alto Adige, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Campania. In “zona arancione”, con un’incidenza tra la media nazionale e il +25%, si trovano regioni come Veneto e Piemonte, mentre le regioni più virtuose – “zona bianca” – sono Molise e Lazio.
Negli ultimi anni la posizione dell’Umbria tra le regioni a maggiore incidenza di mortalità sul lavoro si è consolidata, confermando un rischio più elevato rispetto alla media. Questo dato preoccupa soprattutto in considerazione del fatto che, a livello nazionale, il numero di morti in occasione di lavoro (escludendo quelli in itinere) si mantiene sostanzialmente invariato rispetto al 2024, mentre crescono molto proprio gli incidenti in itinere (+33%). È un fenomeno che coinvolge trasversalmente i principali settori produttivi, con una concentrazione dei decessi nelle costruzioni, attività manifatturiere, trasporto e magazzinaggio e commercio.
Il confronto tra le regioni evidenzia come la Lombardia resti la regione con il maggior numero assoluto di vittime in occasione di lavoro (56), davanti a Veneto (36), Campania (33) e Sicilia (31). In Umbria, la somma dei casi mantiene la regione tra quelle più in difficoltà sul fronte sicurezza; tale collocazione negativa permane nonostante un leggero calo delle denunce complessive di infortunio sul lavoro a livello nazionale rispetto allo scorso anno: le denunce sono passate da 299.303 a 299.130 nei primi sei mesi del 2025.
Il rischio di morte sul lavoro in Umbria è dunque superiore a quello che si riscontra in molte altre regioni, e l’incidenza, calcolata come numero di vittime ogni milione di lavoratori, fotografa una criticità storica che appare difficile da invertire senza un salto di qualità su prevenzione, controlli e cultura della sicurezza.
Questa situazione si inserisce in un quadro nazionale statico, con variazioni minime negli anni ma senza il calo strutturale auspicato. Il fenomeno colpisce in particolare le fasce d’età più avanzate, in particolare i lavoratori tra i 55 e i 64 anni, che rappresentano la fascia più colpita dagli infortuni mortali in occasione di lavoro, e gli ultrasessantacinquenni che, per incidenza, fanno registrare il dato peggiore (47,3 morti per milione di occupati). Il rischio di mortalità per i lavoratori stranieri resta doppio rispetto a quello degli italiani.
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