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Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menedez, la vera storia e i dettagli più incredibili

Monsters, una serie antologica dei super-produttori Ryan Murphy e Ian Brennan che esplora la psicologia delle figure più deplorevoli della società, è tornata su Netflix per la sua seconda stagione. L’ultima volta, la serie si è occupata di Jeffrey Dahmer, stavolta Murphy e Brennan puntano l’obiettivo non su uno, ma su due «mostri»: Lyle e Erik Menendez, i fratelli condannati all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale dopo essere stati giudicati colpevoli di aver ucciso i loro genitori, José e Mary Louise «Kitty» Menendez. I fratelli sostengono di avere commesso il crimine per legittima difesa dopo anni di abusi psicologici, emotivi e sessuali da parte del padre.

I nuovi arrivati Nicholas Alexander Chavez e Cooper Koch interpretano rispettivamente Lyle e Erik, mentre il premio Oscar Javier Bardem e la candidata all’Oscar Chloë Sevigny interpretano José e Kitty.

Quando hanno dovuto decidere il seguito di Dahmer, Murphy e Brennan hanno trovato ispirazione nel posto più improbabile: TikTok. «Ci sono letteralmente migliaia e migliaia e migliaia di TikTok di giovani, in particolare di giovani donne, che parlano del caso di Lyle e Erik Menendez», ha detto Murphy durante una domanda e risposta organizzato a una recente proiezione newyorchese del primo episodio della serie.

Il rinnovato interesse per i fratelli Menendez, secondo Brennan, potrebbe essere legato all’evoluzione del punto di vista della società a partire dagli anni ’90. «Finalmente disponiamo di un linguaggio per pensare e discutere di abusi sessuali e salute mentale che all’epoca non esisteva», ha detto Brennan. «Penso che questo sia davvero elettrizzante per una certa fascia d’età, che guarda indietro, alla generazione dei propri genitori, e si chiede: “Cosa stavate facendo? Non sapevate come vedere il mondo”».

In apparenza, la famiglia Menendez sembrava essere incarnare il sogno americano. Dopo essere emigrato negli Stati Uniti dalla rivoluzionaria, José aveva conosciuto e sposato Kitty mentre frequentava la Southern Illinois University. Nel 1968 nacque Joseph «Lyle» Menendez e nel 1970 Erik Galen Menendez. Grazie a un buon lavoro di José nell’industria dell’home video, la famiglia avanzò nella scala socioeconomica e si trasferì dalla periferia del New Jersey a Beverly Hills quando i ragazzi erano ancora adolescenti. Ma sotto la loro facciata perfetta – Lyle si era iscritto a Princeton, mentre Erik era una giovane promessa del tennis nazionale – si stava preparando un incubo.

Erik e Lyle avevano 18 e 21 anni quando, il 20 agosto 1989, uccisero a colpi di pistola i loro genitori nella tavernetta della loro villa di Beverly Hills. Dopo il loro arresto per quegli omicidi, avvenuto nel marzo del 1990, emersero due versioni contrastanti. L’accusa sosteneva che i ragazzi avessero ucciso i genitori per ereditare la loro immensa fortuna e citava come prova le loro spese folli nel periodo immediatamente successivo agli omicidi: Lyle aveva acquistato un Rolex e una Porsche Carrera; Erik, nel frattempo, aveva assunto un allenatore a tempo pieno e viaggiava in Israele per partecipare a tornei. Ma il loro avvocato difensore, Leslie Abramson, interpretato da Ari Graynor, sosteneva che Erik e Lyle erano stati abusati emotivamente, psicologicamente e sessualmente da José, dramma ignorato da Kitty, alcolizzata e impasticcata. Nelle loro lacrimevoli testimonianze, Lyle e Erik affermavano che il padre li avrebbe minacciati di ucciderli se avessero rivelato gli abusi, e che questo li aveva spinti a commettere il loro atroce gesto.

Inizialmente, Lyle e Erik vennero giudicati da due giurie separate. E tutto si concluse con un nulla di fatto. Successivamente i fratelli dovettero affrontare insieme un nuovo processo presieduto dal giudice Stanley Weisberg, che limitò l’inclusione di testimonianze di violenza sessuale. Nel 1996, Lyle e Erik sono stati giudicati colpevoli di due omicidi di primo grado e di concorso in omicidio. Entrambi stanno attualmente scontando l’ergastolo presso il penitenziario Richard J. Donovan.

«Penso che l’abuso sessuale, in particolare l’abuso sessuale maschile, non sia qualcosa di cui i media hanno parlato molto», ha detto Murphy, «e credo che questo solleverà molte discussioni sul tema».

Nel realizzare questa serie controversa, Murphy ha sostenuto che la fedeltà ai fatti era fondamentale: «Le cose che raccontiamo qui sono tutte vere», ha detto. «Abbiamo trascorso molti, molti anni a fare ricerche». Come spesso accade con le storie sensazionali, alcuni dettagli suscitano incredulità.


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