Mondo Duplantis, il recordman del salto con l’asta: «Non cerco la perfezione, ma cerco di essere la migliore versione di me stesso come atleta»
Quando lo si chiama Armand difficilmente risponde perché quel nome non è il suo. Lui si chiama Mondo, Mondo Duplantis, campione mondiale e due volte campione olimpico di salto con l’asta, attualmente detentore del record del mondo (6,27 metri, migliorato di 10 centimetri in 5 anni, con l’obiettivo di arrivare a 6,30) e pronto a superarlo già nella prossima stagione. Mondo Duplantis è stato premiato come sportivo dell’anno ai Laureus Sports Awards di Madrid dove lo abbiamo incontrato. «Quando sono andato a scuola ho detto alle maestre che questo era il mio nome. Viene dall’italiano, me lo ha dato il migliore amico di mio padre, negli Usa, il suo testimone di nozze. Mi chiamava Mondo Man. L’ho fatto mio, è un nome potente e mi piace il suo. Adesso è semplicemente il mio nome».
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Figlio dell’astista statunitense Greg Duplantis, dal 2015 ha optato per la nazionalità sportiva svedese della madre, Helena Hedlund. Il salto con l’asta è stata una scelta obbligata?
«No, mio fratello ha giocato a baseball a livello professionistico negli Stati Uniti. Lui non ha mai amato il salto con l’asta e ha scelto la sua strada. Abbiamo potuto scegliere, ma forse io ero geneticamente portato per il salto con l’asta. L’ho amato da subito, da quando avevo tre o quattro anni. Mia madre ama la pista e la corsa, mio padre è un innamorato del salto con l’asta come nessun altro al mondo. Parliamo sempre di questo sport, ma non di me, sempre di altri, dei giovani emergenti, delle ragazze che cominciano in questa specialità».
Entrambi i suoi genitori sono parte del suo staff. Ci sono momenti di difficoltà?
«Per molti atleti è difficile, ma non per me e non so dire perché. Per la maggior parte delle persone non è una situazione salutare. I miei genitori non sono mai stati invadenti, neanche quando a football a scuola. Credo che sia questo il motivo per cui funziona così bene ancora adesso. Mia madre mi allena: è dura, ma con un tocco gentile. Mio padre fa tutta la parte tecnica. Abbiamo un ottimo rapporto. Credo che conti anche il fatto che ho tre fratelli. Non c’è mai stata pressione solo su di me. Ci sono io al centro della scena quando sono in pedana, ma per il resto assolutamente no».
Sente il peso dello sport come un lavoro?
«Direi di no, ma non ho mai avuto davvero un lavoro. Lo considero un privilegio. Anche se è duro e se richiede molti sacrifici, tanto lavoro, tanti allenamenti fisici e mentali, resta comunque un privilegio».
Il sacrificio più grande?
«La dieta. In particolare prima di appuntamenti importanti come mondiali o Olimpiadi, quando bisogna togliere veramente anche il minimo peso extra. Talvolta si arrivano a fare cose al limite del salutare per spingersi al massimo per brevi periodi tempo. Poi c’è ovviamente il riposo, il fatto di dover lasciare gli amici al momento migliore di una serata quando vorresti solo restare a dire stupidaggini con loro. Cerco di trovare una forma di bilanciamento e di divertirmi: insomma sono sempre a dieta, ma cerco i miei piccoli modi per sgarrare».
L’obiettivo è la perfezione?
«In un certo senso sì, ma non esiste la perfezione nello sport. Esiste solo sulla carta. Lo scorso anno (record del mondo con l’oro olimpico ndr) appare perfetto, ma è fatto di alti e bassi, di difficoltà, di stress fisico e mentale per essere nelle migliori condizioni possibili ai giochi olimpici .Cerco di essere la migliore versione di me stesso come atleta».